Processo alle streghe: Cavalese rievoca gli orrori del passato

Successo per la tradizionale manifestazione in costume con oltre 100 comparse a sfilare in centro fino al grande falò


di Luciano Chinetti


CAVALESE. Il “Processo alle streghe”, la straordinaria manifestazione rievocativa organizzata lunedì sera a Cavalese, ha di nuovo colpito nel segno ed è riuscita ad affascinare il grande pubblico degli ospiti. Una scenografia fatta di luci, di ombre, di musica e del gran vociare delle streghe e del popolo: oltre 100 le comparse nei costumi dell’epoca che hanno fatto da splendida cornice ad una rappresentazione storica delle pagine più buie e drammatiche dell’epopea di Fiemme all’inizio del ’500. Il copione proposto dal Comitato rievocazioni storiche, con le scenografie e la regia curate da Bruno Vanzo, ha preso il via davanti al palazzo della Magnifica con l’antefatto e l’ambientazione storica curata dallo stesso presidente del Comitato Antonio Vanzetta. Lungo le vie di Cavalese sono poi sfilati i protagonisti del processo, in primo luogo le autorità di Fiemme con in testa il vicario vescovile Domenico Zen, il capitano di Fiemme barone Vigilio Firmian e lo scario della Magnifica Giovanni Giacomo. Dietro a loro i dignitari di Fiemme nei loro costumi dell’epoca, e tutto il popolo. Le sei giovani donne erano accusate di stregoneria. E la testimonianza del delatore Giovanni dalle Piatte le ha “inchiodate”. Secondo le testimonianze dell’alle Piatte di Anterivo (a cui secondo la storia furono confiscati i beni, per poi essere bandito dalla valle), le sei donne procuravano alluvioni, tempeste e siccità che distruggeva il fieno, la biada e tutti i raccolti. Erano «maestre di rubamenti homeni ed infanti», si legge nei documenti storici conservati all’Arcivescovado.

Le sei donne trascinate in catene, come riportano gli annali, rispondevano al nome di Ursula Strumenchera di Trodena , Ottilia Della Giacoma di Predazzo, Margherita Tessadrela di Tesero, Elena la Serafina di Varena, Margherita dell’Agnola di Cavalese e Barbola Marostega di Carano. Davanti allo storico Banco de la Resom al Parco della Pieve, come vuole la tradizione, sono state giudicate dagli uomini di Fiemme. Tutte sono state giudicate colpevoli, ad eccezione di Barbola Marostega, che nonostante sia stata torturata per ben tre volte non ha mai confessato ed è morta in carcere. Le altre sono state messe al rogo sul Doss del Rizzol. L’esecuzione con il grande falò, reso suggestivo dalle danze dai canti e dalla luce delle fiaccole, è stato l’epilogo conclusivo di una vicenda realmente accaduta tra il 1501 e il 1505 e riportata alla luce non per giudicare, ma per riflettere sugli errori del passato.

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