Primon: «Il doppio passaporto blinderà la nostra autonomia»
L’artigiano paladino dell’identità trentino tirolese punta a rilanciare l’economia riscoprendo le tradizioni
TRENTO. «La politica è una porcheria. Me ne sono accorto quando ho fondato la Lega nord in Trentino e poi me ne sono andato a gambe levate». Paolo Primon, leader fondatore e factotum della lista Popoli Liberi-Freie Volker, parla a ruota libera. Del passato, del futuro e del presente. Parla mentre fa campagna tra un impegno e l’altro: «Mi lavoro anche. Stamattina ero a Bolzano in cantiere, poi sono tornato a Trento, ho l’incontro con i sindacati, poi un confronto al Muse e domani vado a Fierozzo all’ex bar Milordo. Sono sempre in giro, ci chiamano dappertutto e sono convinto che faremo un ottimo risultato, almeno 10 mila voti, perché le persone hanno voglia di riscoprire la storia e sono schifate dal tradimento dei valori e dei principi. Tutti si ricordano che chi parla di autonomia l’ha svenduta a Roma. Kaswalder e Rossi che adesso si fanno la guerra, sono usciti dall’aula del consiglio regionale a braccetto, a Bolzano, per non votare la mozione del partito di Eva Klotz per spostare la data dell’Adunata degli Alpini. Farla qui proprio nel centenario è stato un insulto, uno strappo». È un fiume in piena, Primon mentre dismette i panni di artigiano e si veste con la divisa ufficiale della sua campagna: una camicia a quadretti rossi che indossa tutti i giorni: «Questa camicia ha un significato particolare. Se si entra in tutte le case nelle valli si troveranno sempre tovaglie a quadretti bianchi e rossi e per un motivo ben preciso: sono i colori del Tirolo. Queste sono le nostre radici e da qui vogliamo partire». Dalle radici e anche dal doppio passaporto, italiano e austriaco, per i trentini: «Se si parla di doppio passaporto per i trentini è merito mio. Sono andato io a Vienna a parlare con le associazioni e il ministro austriaco. E’ il modo per blindare la nostra autonomia in maniera definitiva e mi batterò per ottenerlo. Già è previsto che ritorni in Austria per parlarne».
Accanto a lui in tutti gli appuntamenti più importanti la capolista di Popoli Liberi, Claudia Mattarei, che ha gestito un locale in centro storico e adesso fa la lean manager. Viene da chiedergli perché ha deciso di correre alle elezioni provinciali se la politica gli fa tanto schifo: «Ma per passione, corro per passione e per dare un’opportunità alla mia terra perché sono convinto che valorizzando la nostra identità si possa risollevare tutta la nostra economia rilanciando il turismo e, quindi, l’artigianato e la piccola impresa».
All’identità, Primon ci tiene più di ogni altra cosa e indica con orgoglio una carta che gli hanno inviato da Vienna un paio di anni fa: «Questa carta dimostra che un mio avo diretto nel 1796 era comandante di una compagnia di Schützen con 64 uomini a Bolbeno. Io non ne sapevo niente. Ho fondato la compagnia di Trento senza sapere di questo mio antenato. Si vede che era destino».
Già il destino, Primon racconta che la politica era nel suo destino, ma che era anche destino che non facesse carriera: «Io ho fondato la Lega nord Trentino. Avevo visto una trasmissione con Bossi e un giorno sono andato a Milano a incontrarlo. Mi piaceva la Lega perché voleva difendere chi lavora. Un giorno ho detto a mia moglie che dovevo andare in un cantiere a Rovereto e invece sono andato a Milano col furgone. C’erano Bossi, Rosy Mauro e Patelli, il tesoriere condannato per la mazzetta da 200 milioni di lire di Carlo Sama. Ho chiesto di poter fondare il partito in Trentino. Bossi ci ha pensato su e ha detto di sì in dicembre.
All’inizio agli incontri c’erano due, tre, al massimo quattro persone. Poi è venuto il momento di fare le liste per le elezioni del 1992. E qui sono iniziati i guai Mi sono dimesso perché non ero d’accordo nell’imbarcare tutti anche chi aveva avuto disavventure giudiziarie. Così Bossi è andato su tutti i giornali a dire che mi avrebbe schiacciato e che mi aveva buttato fuori lui. E’ sempre stato un vigliacco».