Prime protesi con il robot chirurgico
Rivoluzione per anca e ginocchio. All’ospedale di Cavalese operati nei giorni scorsi i primi pazienti con il nuovo metodo: dimessi dopo soli tre giorni senza dolore. L’Azienda sanitaria: «Impianti personalizzati, precisione assoluta e possibilità di conservare grandi quantità di osso»
Trento. Per chi deve affrontare il passaggio di una protesi all’anca o al ginocchio si tratta di una novità importantissima della chirurgia miniinvasiva.
Due giorni fa abbiamo scritto dell’ultimo robot acquistato dall’Azienda sanitaria per 2 milioni di euro e utilizzato soprattutto in urologia. Nei giorni scorsi un altro passo avanti. A Cavalese sono stati operati dai professionisti dell'Unità operativa di ortopedia i primi pazienti con l'ausilio di un robot chirurgico. La nuova metodica è stata utilizzata per impiantare protesi di anca e di ginocchio con un approccio mini-invasivo che permette tempi di recupero ridotti.
I pazienti - informa l'Azienda sanitaria - stanno bene e sono stati dimessi il terzo giorno dopo l'intervento senza dolore grazie anche al programma riabilitativo Fast-track intrapreso nel pomeriggio del giorno dell'intervento. In particolare il robot utilizzato all'ospedale di Cavalese permette, attraverso la creazione di modelli 3D realizzati negli Stati Uniti su immagini Tac, di creare un'immagine virtuale personalizzata della procedura chirurgica in modo da verificare gli effetti di correzioni millimetriche sui movimenti del ginocchio o dell'anca.
Quella utilizzata a Cavalese è una tecnologia utilizzata nelle più moderne sale operatorie che consente attraverso un approccio mini-invasivo, con ridotta perdita di sague, un veloce recupero funzionale e il ritorno alle attività quotidiane dei pazienti in tempi brevi.
In particolare il robot utilizzato all’ospedale di Cavalese permette, attraverso la creazione di modelli 3D realizzati negli Stati Uniti su immagini Tac, di creare un’immagine virtuale personalizzata della procedura chirurgica in modo da verificare gli effetti di correzioni millimetriche sui movimenti del ginocchio o dell'anca. L'esecuzione dell’intervento viene effettuata da un braccio robotico che, lavorando su più assi motorizzati, controlla uno strumento di taglio di precisione che permette all’ortopedico di operare con tagli meno invasivi e più precisi. Inoltre il sistema permette di considerare lo spessore della cartilagine e valutare il bilanciamento dei legamenti garantendo il miglior accoppiamento della protesi e di conseguenza una sua maggiore durata e funzionalità.
Grazie all’accuratezza del sistema robotico alcuni precedenti limiti della chirurgia protesica si sono ridimensionati, sia nelle indicazioni cliniche sia nella fascia di età a tutto vantaggio del paziente. Da una parte si raggiunge una precisione pressoché assoluta nel posizionamento della protesi (scarto di 0.5 millimetri) mentre allo stesso tempo si risparmia tessuto osseo sano e, elemento fondamentale, si rispettano i tessuti molli circostanti (capsula, legamenti, muscoli) grazie al minimo traumatismo prodotto dalla fresa di cui è dotato il braccio robotico.
La tecnologia robotica - spiega l’Azienda - permette una personalizzazione degli impianti senza la necessità di protesi fatte su misura con evidenti benefici per i pazienti: l’assenza di strumenti di taglio riduce la dolorosità dell'intervento e il conseguente utilizzo di farmaci oltre ad annullare nella quasi totalità dei casi il ricorso a trasfusioni di sangue. Ulteriore vantaggio è la possibilità di conservare una notevole quantità di osso, aspetto chiave nel poter garantire al paziente maggiori opzioni chirurgiche nel caso in cui fosse necessario. Ogni anno in Italia si fanno oltre 180mila impianti con una distribuzione pari a 56,3% anca, 38,6% ginocchio, 3,9% spalla, 0,3% caviglia e 0,9% altre articolazioni: in particolare l’anca, nell’ultimo decennio, ha visto un aumento di impianti del 141% (in questo favorita dai crescenti casi di fratture del collo del femore trattati con protesi) e il ginocchio addirittura del 226%, una crescita dovuta all’invecchiamento della popolazione, ma anche ai traumi diffusi (ad esempio stradali) ma anche alla pratica di sport ad alto impatto.