Ponte Alto, riapre l’Orrido dopo più di vent’anni

Il canyon scavato dal Fersina con le spettacolari cascate ora in sicurezza, torna visitabile. La gestione all’Ecomuseo


di Sandra Mattei


TRENTO. La più emozionata, ieri, era Franca Tomasi. È lei che ha ereditato dalla nonna la proprietà dell’accesso all’Orrido di Ponte Alto ed ad averlo gestito fino al 1993 con il marito Marco Gius, quando la messa a norma il passaggio che si affaccia sulla forra, li ha costretti alla chiusura. Ora, a distanza di 24 anni, l’Orrido come i trentini hanno sempre chiamato questa meraviglia della natura, un canyon scavato per oltre 100 metri nella roccia dal Fersina, torna ad essere visitabile.

Chi ha dai quarant’anni in su ricorda l’emozione di calarsi dentro il precipizio, attraverso anguste passerelle, ammirando le due cascate: la prima dell’altezza di 20 metri, la seconda di 64 metri. Sono i due salti provocati da un’opera di ingegneria all’avanguardia, la prima delle quali risale a ben 500 anni fa, essendo stata costruita nel 1537 dal principe vescovo Bernardo Cles per contenere le piene che minacciavano la città in passato, intercettando il materiale solido portato dal torrente Fersina. La seconda serra venne costruita alla fine dell’800 per rinforzare la prima, che risulta interrata per due terzi, per il materiale alluvionale depositato.

Ora, la visione del canyon sarà accessibile di nuovo, dopo l’intervento di rifacimento dell’accesso alla forra (che parte dal cortile del ristorante La Gnoccata) progettato dal Servizio bacini montani della Provincia che ha affidato i lavori alla ditta Dinamicgeo di Mezzolombardo per un costo di 400 mila euro. È stato rifatto il camminamento a sbalzo lungo la parete rocciosa, coperta da paramassi, come la pavimentazione in legno della serra e realizzati due balconi a sbalzo affacciati sulle cascate, in modo da ammirarle in tutta la loro profondità, circondate dalle anguste pareti di pietra rosa, che sfumano nel rosa e nel bianco. All’inaugurazione ieri, erano presenti tutti i soggetti coinvolti nella riapertura dell’Orrido, dai rappresentanti politici comunali a quelli provinciali, da quelli circoscrizionali a chi è stato incaricato della gestione, l’Ecomuseo dell’Argentario. La più emozionata, appunto, Franca Tomasi, che ha ringraziato tutti quelli che si sono spesi per far tornare un’attrazione l’intuizione del bisnonno Massimo Fontanari, che capì le pontenzialità di un ambiente unico e costruì l’accesso (compresa la scala scavata nella roccia) dal ristorante che egli stesso fondò, meta delle gite fuori porta dei trentini e dei turisti. Il lungo percorso per arrivare alla riapertura del sito, lo hanno ricordato gli assessori all’ambiente Andrea Robol e Mauro Gilmozzi, rispettivamente del Comune e della Provincia. «Oggi è un giorno di festa - ha detto Robol - anche se le difficoltà non sono mancate e importante è stata la collaborazione di tutti». Gilmozzi ha ringraziato il Servizio bacini montani: «Sono loro che garantiscono la manutenzione delle opere idrauliche, dimostrando la corretta gestione del territorio». Roberto Coali e Stefano Fait, dei Bacini Montani hanno illustrato le prerogative tecniche e storiche del sito, precisando che l’intervento ha mantenuto le caretteristiche originarie.

Armando Stefani, presidente della circoscrizione Argentario ha messo in evidenza l’impegno per arrivare a questo risultato. Ha chiuso il sindaco Andreatta, citando le bellezze dell’Orrido: «Sono quella naturalistica, quella della tecnica, ma anche la storia del luogo e la bellezza di poterlo rendere di nuovo fruibile».

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