Palermo: «A Roma per l'autonomia tira una brutta aria»
Il senatore altoatesino lancia l’allarme: «Non bastano più le piume sui cappelli per giustificare la nostra “specialità”»
TRENTO. «Non bastano più le piume sui cappelli e i pantaloni di cuoio, da indossare alle feste, per giustificare la nostra autonomia. Bisogna mostrare all’Italia che abbiamo una visione politica, strutturata e strategica per il futuro. Altrimenti avranno ragione loro a dire che l’autonomia altro non è che privilegio». E’ il senatore Francesco Palermo a lanciare l’appello a tutto il sistema regionale. Lo aveva fatto sabato a Bolzano durante la festa per i 70 anni dell’Alto Adige (durante il dibattito, proprio sull’autonomia, con i due presidenti di Trento e Bolzano Rossi e Kompatscher, il governatore della Toscana Rossi e il sottosegretario allo sviluppo economico del Governo De Vincenti) e lo fa oggi tramite le pagine del Trentino aggiungendo che «a Roma tira una brutta aria per la nostra autonomia e potrebbe essere tropo tardi per rimettere le cose in piedi».
Senatore, cosa vuol dire che tira una “brutta aria” a Roma?
Che le nostre priorità vengono viste come delle cose fuori dal mondo dagli altri parlamentari e le priorità nazionali spesso, invece, sono lontanissime dalle nostre. Insomma non c’è un grande dialogo con noi rappresentanti del Trentino-Alto Adige. La dinamica classica è che noi facciamo una proposta e subito gli altri parlamentari ci dicono che siamo una lobby, un gruppo d’interesse, che le nostre richieste sono egoistiche. Della serie: “A voi interessa solo portare a casa i soldi per le bande di paese e se tutto il Sud affonda non ve ne importa niente”.
E’ la vecchia storia che per l’Italia siamo dei privilegiati e noi replichiamo dicendo “sì ma in Trentino le risorse sono state investite bene al contrario di altre Regioni autonome”?
Esatto. Ma non basta più questa spiegazione. Il Paese si chiede perché devono ancora esserci delle aree “privilegiate”, al di là di come vengono investite le risorse. E allora spetta a noi saperci raccontare. Dimostrare che c’è una strategia politica nei nostri territori, una visione chiara e definita.
Una visione di che tipo?
Estremizzo: ieri ci sono state le elezioni in Catalogna e da più parti si è parlato di referendum per dire sì o no all’indipendenza da Madrid. Ora l’indipendenza, in un contesto globale qual è quello che viviamo oggi, è una sciocchezza e noi non dobbiamo ovviamente parlare di indipendenza. Però è chiaro che lì c’è una visione politica chiara. Tra Trentino e Alto Adige dobbiamo essere capaci di spiegare al resto del Paese che ci sono ragioni profonde per giustificare la nostra autonomia.
Si dice che la riforma del Senato indebolirà ulteriormente l’autonomia. E’ vero?
Senza dubbio. Con meno rappresentanti a Roma e con i poteri rimessi quasi tutti alla Camera il nostro peso specifico finirà per essere bassissimo. Quindi penso che se per questa legislatura le cose dovrebbero andare, tutto sommato, per il verso giusto perché in Parlamento ci siamo e riusciamo a farci sentire, facendo valere la nostra capacità di unirci e la nostra compattezza, dalla prossima legislatura le cose potrebbero andare molto peggio.
Qual è la soluzione?
Difficile a dirsi. Io l’unica strada, come ho detto, la individuo nella nostra capacità di spiegare a cosa serve la nostra autonomia. Ma per arrivarci ci vuole una politica più alta di quella che vediamo quotidianamente e forse oggi potrebbe già essere tardi. Non è una questione di persone, ma di idee. Da troppo tempo la politica è concentrata sul quotidiano: quando va bene si dedica ad amministrare l’esistente, quando va peggio pensa alle campagne elettorali. Invece dovremmo concentrarci sul futuro. Serve una visione politica dell’autonomia e per questo si deve aprire un dibattito che non coinvolga solo le élite ma tutta la comunità.
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