Orler, una famiglia di grande arte

La saga dei mercanti originari di Mezzano in Primiero Un tesoro con i maggiori autori moderni e contemporanei


di Giorgio Dal Bosco


MEZZANO. È una vera saga quella degli Orler di Mezzano, prestigiosi mercanti d’arte d’Italia, che hanno creato in Veneto un piccolo impero con acquisti e vendite dei più grandi artisti moderni e contemporanei del mondo.

Se a 16 anni ci si arruola nell’esercito e si va in guerra a rischiare la vita (in questo caso per l’Italia), o si è incoscienti o si ha coraggio da vendere. Ed è proprio il coraggio la qualità eminente che Bepi Orler (1899) di Mezzano del Primiero ha trasmesso ai figli Davide (1931-2010), Cesare, Ermanno (1937-2007) e Carolina avuti con Giulia, sua compaesana, un marcantoni di donna sia nella corporatura che nella personalità. Sono loro, Bepi e Giulia, i nonni di 15 nipoti che attualmente sono titolari di due distinte società ma che tutti assieme rappresentano una delle più potenti famiglie italiane di galleristi. Dei figli di Bepi e Giulia, Carolina è sempre vissuta a Mezzano, Cesare è diventato don Cesare, missionario, il “Robin Hood” della Tanzania, prete che ha vissuto sempre e solo in Africa e per l’Africa, sgranando pochi rosari e lavorando invece tanto e così sollevando dalla miseria nera intere comunità dando ad esse servizi come ospedali e scuole. E’ morto a 61 anni di malaria che l’ha colpito per la terza volta, l’ultima senza scampo. Lasciamo al Cielo la giusta ricompensa ultraterrena a questo uomo e vediamo cosa hanno combinato di altrettanto buono, stavolta sul piano dei guadagni terreni, i suoi fratelli Davide (1931-2010) ed Ermanno (1937-2007).

Davide, amico del compaesano Riccardo Schweizer, dopo una visita da ragazzino a Venezia, la città dei suoi sogni di pittore, va in Marina per otto anni come volontario e lì sulle navi è un marinaio che fa il pittore con ogni mezzo che gli capita tra le mani. Il mare in tempesta o il mare piatto come una tavola continua ad ispirarlo, provocandogli indirettamente la nostalgia per Mezzano, di cui dipinge tele su tele. Nascono così improbabili ma splendidi dipinti in cui i paesaggi del Primiero si colorano di tinte e luci marine. Da marinaio, in quegli otto anni di ferma, è spettatore anche di alcune tragedie che, secondo l’interpretazione di alcuni critici, sono alla base dei tanti interrogativi morali, intellettuali, religiosi causa. a loro volta. della sua instabilità di ispirazione, delle incertezze, rabbie, amori e odi e capriole tecnicopittoriche.

Quando ritorna a Mezzano riallaccia i rapporti con Riccardo Schweizer con cui prosegue ad intrecciare interessi e discussioni sull’attualità e sul futuro della pittura. Si arrabatta per vendere i suoi quadri, ma il futuro è incerto. Nel 1958 - e questo è uno dei suoi acuti - tiene una personale a Parigi ammirata da colossi della cultura come Picasso, Jacques Prevert, Jean Cocteau. E’davvero un successo.

Nel frattempo suo fratello Ermanno (1937-2007), sei anni più giovane, dal piglio più concreto, va al sodo. Come la madre ha una corporatura da Carnera. Inizia a lavorare come panettiere a nove anni. Poi si procura qualche lira come cercatore di funghi e infine, a 16 anni, - siamo nel 1953 e suo frat. ello è in Marina – emigra in Francia come tagliaboschi. Nella squadra di quei nerboruti lavoratori lui è il “bocia”, ma sa produrre più di tutti gli altri. Anziché approfittarne cinicamente, i colleghi lo beneficiano di qualsiasi aiuto tanto che alla fine del triennio d’oltralpe Ermanno può tornare a Mezzano con un bel gruzzolo, che versa quasi per intero in casa.

Ne conserva una parte perché con il fratello Davide, che nel frattempo è tornato dal mare e vuole assolutamente sfondare nella pittura, progetta (1956) il futuro in coppia in quel campo. Lui, Ermanno, avendo grande dimestichezza con il legno, sa tagliarlo, levigarlo e smussarlo. Insomma, ci sa fare. Perché non andare a Venezia e aprire un laboratorio di cornici? Davide, sa tenere in mano il pennello dal verso giusto. Lì a Venezia– fantasticano i due – ci potrebbe essere vantaggio per entrambi: Davide entrerebbe nel mondo eccelso veneziano degli artisti e lui, Ermanno, gli farebbe da spalla incorniciando le sue tele e quelle dei colleghi.

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