«Noi, pionieri dei Tg locali della Rai»

La testimonianza di Folgheraiter: «Quando ti facevano partire per Stava da solo e con un registratore da 12 chili»


di Luca Marognoli


TRENTO. Dai 60 anni della tv nazionale ai 35 di quella locale. Se la prima trasmissione in Italia andò in onda il 3 gennaio 1954, in Trentino il debutto sulla terza rete risale al 15 dicembre 1979. Alberto Folgheraiter incominciò proprio in quei giorni: «Con me - racconta - c’erano Alberto Tafner e Carlo Andreotti e i praticanti Maria Concetta Mattei, che veniva da Tva, Paolo Giani e Roberto Milone, entrambi romani. I capiredattori erano Mario Rigoni a Trento e il mitico Piero Agostini a Bolzano, la più bella voce della Rai». Quell’esordio era stato preparato in mesi di sperimentazione «fatta dai colleghi già presenti in redazione: Giacomo Santini, Manlio Morelli, Adriano Morelli, Gianpaolo Pretti e Rina Rossetti, marchigiana. Una redazione radiofonica che ogni giorno faceva tre Gazzettini delle Dolomiti più una serie di rubriche. Trasmettevano da via Perini, aperta nel '68 con caporedattore della struttura regionale Gianni Faustini, che stava a Bolzano. Era lui a controllare i testi, che venivano mandati da Trento per telescrivente. Di scuola Rai, a Bolzano, erano giornalisti di grande valore come come Ezio Zermiani e Franco Sitton, mentre a Trento lo speaker storico era Enzo Merz e con lui c'era Andrea Castelli».

Fu un periodo di prime volte per molti: «Eravamo tutti neofiti del mezzo, almeno noi che arrivavamo dalla carta stampata, ma ci dovemmo subito misurare con la cronaca, anche pesante. Il 9 marzo ’76, il primo disastro del Cermis fu seguito da Adriano Morelli, catapultato sul posto senza operatori e con il Nagra, il registratore a nastro che pesava 12 chili. Faceva le interviste, tagliava i nastri, li cuciva, mandava i pezzi via telefono con un cavetto, sostituendo la capsula. Fece da solo anche i collegamenti nazionali. Ricordo che era lì con la sua 500 bianca».

A Stava, invece, il primo ad arrivare fu proprio Folgheraiter: «Avevo appena finito di fare il giornale radio. “Il Gilmozzi” di Radio Fiemme mi chiamò: “É cascata la diga: ci sono molti morti”. Successe alle 12.23 e alle 13.30 ero già in onda sul Gr2 nazionale da Tesero. Anch'io con il mitico Nagra. Nei primi anni facevamo più di 1500 servizi sulle testate nazionali: eravamo come delle agenzie regionali. Oggi molto è cambiato: la Rai è diventata romanocentrica e mandano spesso qui l'inviato...».

Da un dramma all’altro: «Il giorno del secondo Cermis Marco Zeni, capo servizio di turno, venne nel mio “buco”, lo sgabuzzino dove stavo io che ero vice, appena finito il giornale, a dirmi: “É cascata la funivia”. “Ma come? É successo 20 anni fa”. “L'ha detto il baracchino, la radio sintonizzata sulle frequenze delle forze dell'ordine...”. A quell'epoca c'era l'“Italia in diretta”, che feci quasi tutta in collegamento da dove era precipitato il vagoncino, il 3 febbraio del '98».

I cronisti e i cineoperatori Rai furono i volti, le voci e i testimoni di un’epoca: «Abbiamo vissuto 35 anni di cronaca e storia del Trentino seguendolo passo passo. L'archivio di immagini è una pagina di storia di questa comunità, nel bene e nel male».

Infortuni ne ebbero anche loro e Folgheraiter ci ride su: «Il più clamoroso fu nel 1980, quando arrivò dalla Val di Non la notizia di una strage di 100 mila api causata dagli anticrittogamici. Chiamai il caporedattore del Tg2. “Vai in diretta”, mi disse. Lanciarono il servizio da Roma e poco dopo squillò il telefono. Dall'altro capo del filo c'era il maestro Abramo Andreatta, presidente degli apicoltori, che esordì così: “Folgheraiter, set embriac? Guarda che 100 mila api non son 100 mila vacche, ma l'equivalente di due arnie...”. Un'altra volta uscii di casa - io abito vicino a Villa Igea - per andare a fare “Radio Alba”. Erano le 5 e Fuori da Villa Igea c'era uno che si appoggiava ad una stampella. “Buongiorno la mattina”, dissi. “Buongiorno una bella Eva”, mi rispose. E io: “Si è alzato col piede storto?”, frase tra l'altro infelice, viste le sue condizioni. “Maledetto - aggiunse -: tu sei quello quello del “Gazetin”. L'anno scorso hai detto che sarei guarito in 30 giorni, ma è un anno e mezzo che sono in ballo”. Gli ho dovuto spiegare che erano “30 giorni salvo complicazioni”. Così come quel lunedì mattina in cui arrivò in Rai un vecchietto da Povo. “C'è il signor Tomasi”, mi dissero dalla portineria. “Sono venuto per farmi pagare il capriolo che non ho ucciso”, esordì. “Ieri avete fatto vedere me che prendo la mira e poi il capriolo morto, ma io non ne ho ucciso neanche uno”. Colpa del montaggio di immagini di repertorio. Gli pagai il caffè». Proprio durante il primo telegiornale, il 15 dicembre 79, ci fu quello che Folgheraiter chiama «un sapido lapsus da parte del conduttore di Bolzano: “I rapinatori - disse - si sono dati alla fi... pardon fuga”. Probabilmente fu condizionato dalle battute che si facevano in redazione».

Il Tgr si è evoluto: «Da una prima edizione si passò alla seconda (che prima andava in replica), poi alla terza. Il vero problema è che si scrive sull'acqua, arriva l'onda e si porta via tutto. É molto più visibile paradossalmente quello che appare sulla stampa, mentre noi lavoriamo sull'effimero. Ma non per questo l'impegno è minore. Un servizio di un minuto equivale a una pagina di giornale. E fare la sintesi è molto difficile. Luca Di Schiena, grande voce della radio e poi direttore del Tg3 negli anni 80, diceva negli stage per noi cronisti: in 40 secondi puoi fare la sintesi della Divina Commedia».

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