Niente scuse per Morgan


Ferdinando Camon


Trovo sacrosanta la decisione del Festival di Sanremo, di escludere Morgan. Il cantante infatti s’è dichiarato cocainome cronico, felice e contento, che si fa ogni giorno, e invita i ragazzi a fare altrettanto. È una dichiarazione micidiale. Una sola di queste dichiarazioni, esibita in pubblico, come biglietto da visita, cancella tutte le nostre spiegazioni e le nostre raccomandazioni, di noi genitori, noi insegnanti, giornalisti, medici, psichiatri, psicologi, noi amici dei ragazzi, che pensiamo a farli crescere sani di corpo e lucidi di cervello, e che, di fronte a un ragazzo fatto di ero o di coca, sentiamo un nostro fallimento, il fallimento della società, della scuola, dell’informazione, di tutti i mezzi con cui potevamo contattare e salvare quel ragazzo, e non ci siamo riusciti, l’abbiamo perduto. Tre settimane fa, il 18 gennaio, altri cantanti avevano lanciato lo stesso lugubre messaggio: “La droga ti fa fare conversazioni brillanti” (gli Oasis); “Le droghe sono divertenti” (la cantante soul americana Joss Stone); “La droga ti fa passare una bella serata” (Brian Harvey, voce della boy-band East 17); “La droga ci fa fare un salto darwiniano” (Marilyn Manson, che trae il nome da Charles Manson, assassino di Sharon Tate, moglie di Polanski). Osserviamoli bene, questi saltatori darwiniani. Uno di loro entra ed esce ogni anno dalle cliniche di disintossicazione. Ma come, ti fai ricoverare perché il cervello è in delirio, i polmoni ronfano come un ventilatore rotto, cadi dal letto come un ubriaco, e appena di rimettono in piedi ti metti a cantare: “Fate come me”? Il drogato che invita alla droga vuol dire una cosa sola: è spolpo, non ce la fa più a tornare nel nostro mondo, l’unico modo per restare a contatto con noi (di cui ha bisogno: siamo il suo pubblico) è che siamo noi a entrare nel suo mondo. E allora ci chiama. Purtroppo ci sono ragazzi che ci cascano.
 La droga (la cocaina in particolare) la prima volta può essere piacevole, percorre il corpo come un’onda di ebbrezza, nel cervello del cocainome resta una nostalgia straziante, e allora torna a farsi, nel tentativo inutile di ripetere quel piacere smisurato: è la fine. L’eroinomane-cocainomane contrae una dipendenza irresistibile, deve sempre farsi, ha continuamente bisogno di denaro, ruba da tutte le parti: in casa, per strada, nelle auto, nei negozi, dalla borsetta della mamma o della fidanzata. Forse (non lo so) un super-cantante come Morgan ha denaro a volontà, ma i ragazzi a cui lancia il criminale messaggio sono studenti o lavoratori, gente in cerca di un posto, che se lo trova deve accontentarsi di mille euro al mese. Le ragioni per cui devono: 1) non raccogliere l’invito alla cocaina, 2) non ascoltare più quel cantante, 3) invitarlo a smentire o curarsi, 4) stare alla larga dai locali in cui la droga ti viene offerta appena entri in toilette, sono legate allo star meglio: la droga ti peggiora in tutto. Salute fisica, memoria, sonno, studio, lavoro e sesso. Nel film “Trainspotting” i due drogati, lui e lei, si mettono a letto, lei si aspetta una nottata di sesso, alla mattina scopre che tutto quello che il partner ha fatto, nel suo bianco letto, è pipì e popò. Il film è tratto dalla realtà, il regista ha chiamato come consulenti veri drogati. Morgan, mi senti? Nel film “Pianoforte” (anche questo una storia vera), lui e lei piangono abbracciati, e lei chiede: “Ma come abbiamo fatto a cascarci? Eppure sapevamo tutto, tutto!”. Il fatto è che sapere non conta e pentirsi nemmeno. Nella droga bisogna non-entrarci. E quelli che ti ci fanno entrare, boicottarli. Se non si rimangia tutto, ma proprio tutto tutto, Morgan non merita Sanremo, e non merita la Rai.













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