«Mense e trasporti, nodi da sciogliere»
La ripartenza della scuola. Il fabbisogno di 300 classi in più non preoccupa i presidi, ma il pasto e il viaggio restano due temi irrisolti. Dubbi sul reperimento degli insegnanti: «Carenza già prima del lockdown, apriamo alla triennale»
Trento. Passi in avanti sul reperimento degli "spazi classe", ma resta aperto il nodo mense e trasporti. E sulla disponibilità nel mercato del lavoro di insegnanti in grado di coprire le classi, arrivano i dubbi: già pochi in tempi normali, per i nuovi insegnanti si arriva a ipotizzare di aprire nell'emergenza anche ai "triennalisti".
I dirigenti scolastici riflettono così sul distanziamento allentato nelle classi e sulle esigenze di organico. Il presidente dell'Associazione Presidi Paolo Pendenza accoglie positivamente l'indicazione del Dipartimento della Conoscenza che individua "solo" 300 aule mancanti per settembre: «È una richiesta più alla nostra portata. Se il quadro sanitario non cambia, gli studenti potranno tornare a scuola "in presenza"», sottolinea il dirigente scolastico.
Anche Paola Pasqualin, preside dell'Istituto comprensivo Trento 6, si dice possibilista: «Con il Comune di Trento procederemo ad interventi di edilizia "leggera" per separare gli ambienti, aprire le aree inutilizzate o usare i laboratori come aula», spiega. I sopralluoghi dei tecnici comunali si sono già svolti nelle scorse settimane.
Pendenza è più preoccupato, invece, per le mense scolastiche: «Le mense potranno essere usate come aula e molti studenti potrebbero pranzare in classe con i "pocket lunch". Ma non siamo sicuri che le aziende riescano ad offrire questo tipo di pasto». Per Pendenza sono i trasporti pubblici il cruccio maggiore: «È inutile che gli studenti stiano a distanza quando sono a scuola, ma che salti ogni regola appena salgono sul bus per raggiungere gli istituti»
. Sulla necessità di nuovo personale, viene da domandarsi se, dati i requisiti molto stringenti per entrare in graduatoria (è richiesta la laurea magistrale), esista per davvero un "esercito di riserva" di potenziali insegnanti da reperire nel mercato del lavoro: «La carenza di docenti era già presente anche nel pre-covid - sottolinea Pasqualin - Per alcune classi di insegnamento, come lingue straniere e sostegno, dobbiamo trovare i docenti fuori dalle graduatorie, pur non essendo in possesso dei requisiti standard». Sono soprattutto laureati in "triennale" che danno comunque disponibilità all'insegnamento: «Bisognerebbe prevedere la possibilità di attingere a queste persone. Se qualche laureato volesse avvicinarsi all'insegnamento proponendo la sua candidatura al Dipartimento della Conoscenza, è il momento giusto», spiega Pasqualin, che si spinge a ipotizzare la "chiamata" degli insegnanti in pensione, come è successo per i medici. Di questa ultima proposta però Pendenza non è convinto: «È possibile ripensare i criteri nell'emergenza, ma non si è mai parlato di richiamare gli insegnanti in pensione», conclude il presidente dell’Associazione presidi.