Meno iscritti, Collini freddo sugli incentivi al risparmio
Il rettore: «Effetto solo in tempi lunghi, servirebbero di più agevolazioni fiscali» «Borse di studio, garantire i fondi ma abolire quelle di importo modesto»
TRENTO. «È vero che diminuiscono gli iscritti trentini all’Università, ma è vero anche che, almeno fino all’anno scorso, i laureati trentini sono cresciuti grazie ai test d’ingresso e a un’efficace azione di orientamento». Il rettore dell’ateneo di Trento Paolo Collini aggiunge un dato a quello, preoccupante, sul calo degli iscritti evidenziato dall’ultimo rapporto sull’occupazione: - 8% negli ultimi quattro anni, crollo dal 69 al 57% dal 2003 al 2012.
Rettore Collini, quanto la preoccupa questo trend?
È sicuramente un dato su cui riflettere, ma che va inserito in un contesto. Innanzitutto in Trentino il numero dei diplomati alla scuola superiore è cresciuto nell’ordine del 20-25% rispetti al totale dei 19enni e questo aumento coinvolge una fascia di studenti che prima non arrivavano alla maturità e che hanno una bassa propensione a proseguire con gli studi universitari. Direi che a noi, più che gli iscritti, devono interessare i laureati.
E su questo fronte com’è la situazione?
In Italia abbiamo un tasso di abbandono dell’università che raggiunge il 30-35%. All’Università di Trento questo tasso è fortemente diminuito grazie all’azione di orientamento e alla valutazione all’ingresso. Fino all’anno scorso i laureati trentini sono cresciuti, solo quest’anno si nota una prima flessione.
Quanto pesa, sul calo delle iscrizioni, il fatto che la laurea non garantisca un posto di lavoro sicuro e in tempi rapidi?
La crisi ha sicuramente pesato molto, perché il costo vero dell’università, per una famiglia, è rappresentato dalla rinuncia ad un reddito alternativo. Temo che lo scoraggiamento nasca dalla convinzione che andare all’università non paga.
Una convinzione da sfatare?
C’è stata una campagna sbagliata che laurearsi non garantisce un posto di lavoro. Questo è un dato di fatto, non basta la laurea per avere questa certezza, a maggior ragione in un Paese come l’Italia che ha un mercato del lavoro che protegge i lavoratori anziani e che ha penalizzato fortemente i giovani. Ma va ricordato che laurearsi migliora la possibilità di avere un’occupazione a medio termine e di essere occupati in lavori più soddisfacenti e rispondenti al proprio percorso di studio.
La Provincia pensa ad incentivare il risparmio delle famiglie. È un progetto che la convince?
Aiutare finanziariamente chi vuole studiare è sempre utile, temo però che meccanismi di risparmio agevolato non possano produrre effetti in tempi rapidi, perché per ottenere un capitale minimo bisogna cominciare ad accumulare quando i figli sono piccoli. Ritengo che forme di agevolazione fiscale aiuterebbero di più, ma su questo sappiamo che la competenza è dello Stato, non della Provincia. E c’è poi un altro aspetto da considerare.
Quale?
Per legge il Trentino deve sostenere il diritto allo studio degli studenti trentini che studiano a Trento. Aiuti finanziari come l’agevolazione al risparmio finiranno per far aumentare gli studenti trentini che andranno a studiare fuori, e questo per la Provincia potrebbe rivelarsi costoso.
Parliamo di borse di studio. L’attuale modello va cambiato?
Innanzitutto sarebbe importante che i fondi per il diritto allo studio non venissero ridotti, visto che da dieci anni si taglia su tutto. Io penso che le borse di poche centinaia di euro non abbiano effetto sulla scelta di iscriversi all’università, quindi su questo si potrebbe risparmiare concentrando gli aiuti.
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