Mele più "sostenibili" ma il consumatore non lo sa
La coltivazione vicino ai centri abitati viene bocciata dal 19% del campione, che sale al 29% in Trentino Alto Adige,
TRENTO. C'è un deficit di comunicazione tra i produttori di mele, impegnati da anni a ridurre gli agrofarmaci e i consumatori. Ad evidenziarlo è la prima indagine sulla sostenibilità della mela italiana realizzata dalla società Agri2000 in collaborazione con l'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.
La presenza di coltivazioni di mele vicino ai centri abitati, infatti, viene bocciata dal 19% del campione, che sale al 29% in Trentino Alto Adige. Un giudizio negativo dovuto per il 68% dalla presenza di trattamenti fitosanitari vicino a nuclei urbani, valutazione peggiorata negli ultimi 5 anni, nonostante la produzione di mele sia migliorata in termini di sostenibilità con un uso più attento degli agrofarmaci. Una situazione che, secondo l'indagine, mette in evidenza come la comunicazione non sia stata sufficiente.
«I produttori di mele hanno intrapreso la strada della produzione sostenibile - commenta il presidente dell'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri - e ora occorre sforzarsi per trasferire ai consumatori i risultati positivi fin qui ottenuti, perché una corretta informazione incide in maniera determinante sul modo in cui i consumatori percepiscono il valore e l'impatto sociale e ambientale di una determinata produzione agricola».
E questo lo dimostra anche il comportamento registrato dai consumatori nella seconda fase dell'indagine, che si sono dimostrati molto preparati sulle conoscenze del mercato ma non sull'impatto socio-economico che ha la filiera. Ricordano, infatti, il prezzo medio di acquisto, il delta tra il costo alla produzione e quello di vendita e perfino le principali varietà delle mele, parametro scelto al momento dell'acquisto da 6 intervistati su 10; ben diversa è stata la risposta rispetto alla consapevolezza di occupazione e indotto della filiera.