Mauro Corona racconta la fine apocalittica del nostro mondo storto
Uscito il nuovo romanzo dello scrittore-scultore-alpinista: una visione apocalittica
Volete bene a Mauro Corona? Avete letto tutti e quindici i libri che ha finora scritto? Allora tenetevi forte. Perché il volo della martora sembra davvero finito: l'hanno bella che fucilata e mangiata. Le voci del bosco si sono spente. Persino il cuculo sembra non cantare più. Di aspro e dolce non v'è più nulla, da queste parti: tutto è buio, metallico, mortifero. E i fantasmi di pietra - stiamo citando a man bassa i titoli dei suoi libri, lo si è capito - sembrano agnellini al confronto di quel che ci sta per capitare. Sissignori. L'apocalisse è dietro l'angolo e ve la racconta proprio lui, lo scultore scrittore alpinista polemista (e chi più ne ha più ne aggiunga: abbiamo pure rischiato di ritrovarcelo all'Isola dei famosi, ma il nostro si è fermato in tempo e di questo gli va dato atto) di Erto. O di Ripido, se volete, visto che tra le pagine della sua più recente fatica, un ruolo non secondario hanno i decespugliatori che gli abitanti di Ripido hanno acquistato in gran numero. Il risultato? Rumori insopportabili e inquinamento nell'aria. Ma tutto questo succedeva nel mondo storto e ora - presto, prestissimo - proprio il mondo storto, avido e incapace di capire la natura, dimentico degli antichi mestieri e della saggezza degli antenati, sta per finire. Come? Semplice: non c'è più carburante. Si fermeranno le macchine e non funzionerà più il riscaldamento. Il freddo avvolgerà le città e le campagne. La gente morirà di freddo e di fame, in gran numero (Corona ipotizza che in pochi mesi la catastrofe tecnologica si porti via i tre quarti dell'umanità), gli uomini e le donne che si salvano (anziani e bambini, i più deboli, cadono come mosche) ci riescono mangiando altri uomini e altre donne. Insomma, cannibali del mondo storto. Sì, è un pugno nello stomaco quello che Mauro Corona assesta ai suoi (molti) lettori. Nel suo «La fine del mondo storto» - questo il titolo dell'apocalittico romanzo appena pubblicato da Mondadori -, Corona non ha dubbi. Gli esseri umani sono avidi, ciechi, egoisti. Schiavi di un progresso tecnologico senza senso. Gli uomini non sanno più usare le mani, scrive Corona, e quando il primo, terribile inverno senza carburante li trasformerà in disperati che bruciano tutto quel che trovano (porte, letti, mobili, libri, quadri, crocifissi, alberi) pur di scaldarsi, li si misurerà nelle loro tristi capacità. Con quelle mani, ruggisce Corona, gli uomini moderni hanno solo saputo ticchettare sui pc (ma la fine dell'energia è anche la fine di tutti gli schermi, di ogni telefonino, di tutte le tv) e masturbarsi. Stop. C'è una rabbia devastante nel libro che Corona ci consegna. Ricchi, giornalisti, scrittori subiscono la peggior fine. La sede della Mondadori, la sua attuale casa editrice, diventa stalla per buoi, mucche e pecore. Se ci sarà salvezza verrà dalla montagna, da qualche contadino saggio che insegna ai sopravvissuti i rudimenti della coltivazione e dell'allevamento. Forse non tutto è perduto. Forse...
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