Mancano medici, l’allarme di Bordon
Il neodirettore dell’Azienda sanitaria: «Quelli che escono dalle specializzazioni non coprono neanche il 50% del turn over»
TRENTO. «I medici che escono dai percorsi di specializzazione non coprono nemmeno il 50% del turn over necessario». A lanciare l’allarme per la mancanza di medici è il nuovo direttore dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon, che ieri ha incontrato la quarta commissione del consiglio provinciale. È questo, e in prospettiva lo sarà sempre di più, il problema che Trento si troverà ad affrontare, dentro un quadro nazionale che vede la stessa carenza di professionisti. Un campanello d’allarme già emerso recentemente con la difficoltà di reperire anestesisti a seguito delle nuove regole sui riposi, ma anche pediatri per gli ospedali di valle, e ieri certificato dal nuovo responsabile dell’Azienda.
Bordon ne ha parlato dentro un’analisi molto positiva della realtà sanitaria trovata in Trentino. «Ho trovato un sistema migliore di quanto potessi immaginare», ha spiegato, «l’unica nota negativa è la percezione incoerente rispetto al livello».
Tra le criticità sollevate dai commissari la protonterapia, la conciliazione tra calo di risorse e mantenimento della qualità delle prestazioni, le criticità dell’ospedale Santa Chiara, lo screening mammografico centralizzato, gli investimenti sugli ospedali periferici, il progetto del Not, la mobilità di pazienti fuori provincia.
Per il neodirettore c’è nel sistema trentino «un buon livello di organizzazione dei servizi di tipo territoriale e un buon livello di informatizzazione e quest’ultimo è uno dei temi fondamentali per garantire un servizio di eccellenza». Gli stessi ospedali di valle, che pure a suo avviso necessitano in alcuni casi di qualche investimento, «sono coerenti con il tipo di bisogno, adeguati ad assolvere le funzioni del bacino d’utenza che gravita su quelle strutture».
Un’altra nota positiva, secondo Bordon, sta nella dotazione strumentale: «Qui si trova quella diagnostica che un professionista immagina di trovare nelle strutture all’avanguardia». Il direttore ha difeso la centralizzazione dello screening mammografico all’ospedale S.Chiara, «giustificato se consideriamo che a Trento c’è il top in termini di macchinari, qualcosa che c’è solo in strutture come il San Raffaele a Milano e a Stanford negli Usa».
Dal punto di vista del metodo, Bordon ha sollecitato a capire i fenomeni demografici e «pensare a lungo termine». «Forse qui c’è una cultura in questo contesto “ospedale centrica”, mentre in realtà l’ospedale si inserisce in un percorso che parte dall’«empowerment del cittadino», attraverso la promozione di corretti stili di vita, campagne di screening, in un ruolo proattivo dell’Azienda in costante crescita». In prospettiva, ha spiegato, occorrerà lavorare secondo un budget di salute sempre più personalizzato
A proposito di ospedali, «il S. Chiara è un film che ho già vissuto professionalmente a Pordenone», ha detto il direttore, «ci sono difficoltà oggettive ed è evidente che a fronte di un nuovo investimento non si debbano buttare i soldi, però alcune criticità occorre correggerle, al fine di traghettare questa struttura a quella nuova, in primis con l’adeguamento anti incendio. Quanto agli ospedali di valle, «devono funzionare da presidio e riferimento sul territorio. Faremo tutto il possibile per garantire professionisti, magari in una logica di rotazione». Infine sulla protonterapia: «È un servizio che va ben oltre il bacino di utenza trentino, si tratta di una grossa opportunità, è centrale venga inserita dal ministero nei Livelli essenziali di assistenza».