Lezioni di 50 o 60 minuti: la scuola trentina è nel caos
Istituti e docenti procedono in ordine sparso nell'applicazione della riforma
TRENTO. Professori che remano contro per “farla pagare” alla Dalmaso, accusata di essere salita in cattedra decidendo alle loro spalle. Altri costretti ad ammettere che un’ora di lezione è troppo lunga per tenere desta l’attenzione sempre più blanda degli studenti. Altri ancora che egoisticamente dicono no per non doversi sorbire le ore di recupero. Ignorando che così facendo toglieranno posti di lavoro ai precari in attesa di assunzione. Per gli istituti scolastici è il momento della scelta sulla durata delle lezioni. Un’ora secca come vuole la Gelmini o accorciata di 10 minuti (per far posto al tedesco), come vuole la Dalmaso? Sarebbe sbagliato ridurre tutto a una questione di “cronometro”, senza pensare alle ricadute didattiche e occupazionali. Ma le scuole di pensiero sono diverse e la sensazione è che si proceda in ordine sparso.
Al liceo classico Prati la consulta degli studenti si è espressa all’unanimità a favore dei 50 minuti, lo stesso i genitori. Il collegio dei docenti ha invece scelto a larga maggioranza (circa i due terzi) la lezione di un’ora.
«La decisione verrà presa in consiglio di istituto dopo Pasqua», dice Antonio Di Seclì, preside del Prati. Gli studenti ritengono troppo lunghe “unità” di 60 minuti e vogliono evitare giornate scolastiche che sforerebbero abbondantemente nel pomeriggio. «Con 5 ore viene l’una, con 6 le due, ma sarebbero troppe e bisognerebbe inserire una pausa pranzo, il che significherebbe uscire alle tre». E i docenti? «Per loro la motivazione è di tipo minimamente didattica e soprattutto sindacale: è una forma di protesta di fronte a quella che è stata vissuta come un’ imposizione. Ma affermano che sarebbero troppe le ore da recuperare in orario pomeridiano e ci sarebbe un carico di lavoro eccessivo per gli studenti, che il pomeriggio devono studiare».
Situazione più fluida all’Iti Buonarroti. «Non c’è ancora un orientamento prevalente», afferma il dirigente Paolo Dalvit: «Faremo il collegio dopo le vacanze di Pasqua. E’ fondamentale che qualsiasi scelta sia condivisa dai docenti e motivata dal punto di vista didattico. Una commissione del biennio sta lavorando per definire il curriculum (il quadro orario complessivo di tutte le materie) e l’assegnazione degli insegnanti tecnico-pratici».
Crescenzo Latino, dirigente del dipartimento istruzione, spiega la ratio della formula provinciale. «Organico garantito, anzi potenziato, più insegnanti per fare innovazione, più risorse: non c’è un motivo razionale per dire di no. Tanto è vero che anche i sindacati hanno sottoscritto il protocollo».
Gloria Bertoldi, assieme alla collega della Cisl Tamara Lambiase ieri mattina ha presentato l’accordo ai docenti della città: «Nella grande maggioranza delle scuole i 50 minuti si facevano già», afferma. «Noi siamo rispettosi dei collegi e delle loro scelte. Suggeriamo però che si tenga conto di una cosa: questa formula favorisce la didattica ed è un’occasione per tutelare l’occupazione». Bertoldi lo fa con un esempio: in un biennio di liceo 27 ore da 60 minuti per sette classi comporta un fabbisogno di 10,98 docenti, 32 ore da 50 minuti li fa salire a 13,02. Lo dicono i numeri