Le Rurali divise dietro l’addio di Misconel 

Credito cooperativo. L’ex vicepresidente della Federazione aveva cercato di mediare tra le varie anime del movimento elaborando un documento che però non è stato condiviso, così ha deciso di lasciare. Al centro ci sono il ruolo del Gruppo bancario e le novità che ha portato 



Trento. Un mondo che si avvia verso il futuro, ma guarda ancora al passato. Il movimento del credito cooperativo è ancora diviso tra chi vorrebbe conservare le modalità di fare credito e banca che erano in vigore fino all’1 gennaio 2019 e chi fa presente che la nascita del gruppo bancario guidato da Cassa Centrale ha cambiato tutto. Questa spaccatura sempre più profonda rischia di essere controproducente. In questo quadro si inseriscono le dimissioni di Marco Misconel dalla vicepresidenza della Federazione della Cooperazione. Dopo mesi e mesi di incomprensioni, discussioni anche accese il vicepresidente aveva cercato di trovare una linea di mediazione con un documento che avrebbe dovuto mettere d’accordo tutte le anime del credito cooperativo, ma la bozza non è piaciuta. Così Misconel avrebbe deciso di rassegnare le dimissioni. Alle persone che lo hanno sentito in questi giorni ha confidato che le dimissioni derivano proprio da un senso di impotenza.

Ma sullo sfondo resta la grande divisione. Il gruppo bancario ha portato regole nuove, non solo dal punto di vista della vigilanza e dell’applicazione delle norme, ma anche dal punto di vista della rappresentanza, della partecipazione e dei criteri di credito. Regole di livello europeo che un grande gruppo deve rispettare. Questo, quindi, ha comportato una buona dose di irritazione all’interno del movimento. Non solo tra i presidenti delle Rurali, ma anche tra i soci. In molti sono rimasti legati agli schemi del sistema precedente al gruppo bancario. In quello schema le Casse Rurali avevano maggiore indipendenza e anche maggiore potere rappresentativo. Non solo le banche erano tutte sottoposte alla vigilanza della Federazione. Casa Centrale non era la capogruppo, ma la banca di sistema che si occupava di crediti sopra un determinato limite lasciando alle Rurali totale autonomia.

Con l’avvento del gruppo Cassa Centrale si è trasformata in una capogruppo vera e propria che ha, su tutte le banche che fanno parte della compagine, poteri di vigilanza e coordinamento, ma anche doveri non indifferenti. Poteri che rispondono a regole molto più ferree. Anche per questo motivo Cassa Centrale è uscita dalla Federazione per poter essere valutata da istituti internazionali invece che dalla vigilanza di via Segantini. Questo anche per collocarsi in maniera agevole sul mercato dei capitali.

Ma proprio queste nuove norme non piacciono a chi è ancora legato al vecchio sistema. In molti sostengono che siano stati traditi i valori della cooperazione. Ma sono ancora di più quelli che dicono che anche il nuovo gruppo bancario rispetta i valori cooperativi, ma che lo fa con un abito e dei sistemi che rispettano le nuove regole e soprattutto il nuovo modo di fare banca imposto da anni in cui i tassi di interesse sono negativi.

Questo contrasto tra due anime profonde, però, rischia di trasformarsi da un sano dibattito a una palude che rischia di ingessare il sistema e di bloccare il percorso del gruppo bancario. Con il rischio che le altre banche di credito cooperativo che fanno parte del gruppo perdano fiducia. Per di più il momento viene agitato dalle forti polemiche legate alla fusione tra Cassa Rurale di Lavis e Cassa Rurale di Trento. Polemiche legate sia alle modalità del voto decisivo all’assemblea dei soci di Lavis che alla filosofia di fondo della fusione. Sulla vicenda come si sa c’è un procedimento giudiziario in corso. I dissidenti, poi hanno dato vita a un vero e proprio movimento e l’Associazione soci cooperatori che ha per simbolo una pecora stilizzata coperta da un segno di divieto. L’associazione si presenterà sabato prossimo alle 17 all’Auditorium della Cantina di Lavis per aprire un dibattito a tutto tondo.













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