Le lettere: "Mi è calato il buio davanti agli occhi"
TRENTO. «Non sono un assassino, non sono un uomo cattivo. Sono una persona a cui è crollato il mondo addosso». Così ha scritto in una delle quattro lettere lasciate in casa, Claudio Rampanelli. Quasi un tentativo di giustificare quello che aveva fatto, un tentativo di spiegare in che condizioni si trovava quando ha aggredito mortalmente la sua compagna e la figlia di lei. Lettere che l’uomo ha scritto successivamente al duplice omicidio e una l’ha espressamente indirizzata alla polizia, un’altra ai parenti e le altre due sono senza un’indicazione specifica.
La prima che deve aver scritto tradisce anche nella grafia il turbinio di emozioni che albergavano nella testa dell’uomo. Una grafia disordinata, quasi infantile con le prima parole scritte molto grandi. «Ciao a tutti - vi si legge - Perdonatemi ma non ce la facevo senza di lei». E poi ancora «non sono un assassino, non sono un uomo cattivo. Sono una persona a cui è crollato il mondo». Già perché sarebbe stata la decisione di Laura Simonetti di porre fine alla relazione che durava da oltre 10 anni a far «impazzire» l’uomo. Lo si evince anche dalle confidenze che l’uomo aveva fatto ad alcuni amici e dai messaggi che la coppia si scambiava. Lei aveva deciso: lui doveva andarsene e lui, probabilmente ancora innamorato, non voleva credere alla fine del loro rapporto. E lo scrive anche in una lettera raccontando della disperazione di un uomo che si ritrova debole e solo davanti alla decisione della donna.
Lui amava Laura - avrebbe scritto - ma quando una donna vuole lasciare, è lai la più forte. Un concetto che Rampanelli avrebbe ripetuto anche all’operatore del 113 cui ha confessato quello che aveva appena fatto. «A 63 anni cosa posso fare da solo» avrebbe detto al poliziotto, palesando la sua disperazione. In una delle lettere spiega anche quale è stata la leva che lo ha spinto ad accoltellare Laura. «Ho sentito - ha scritto - delle parole di disprezzo e cattiveria, mi ha detto che era stanca di me». E ancora - «Ho avuto un raptus di follia sentendo quello che ha detto, e mi è calato il buio». Buio che lo ha spinto a prendere il coltello ed andare in camera da letto e colpire più volte la sua compagna. Inutile il tentativo di difesa da parte della donna.
Nelle lettere non c’è una parola per Paola, per la sua morte. Ma al poliziotto che ha risposto alla sua chiamata ha spiegato che la ragazza «era in mezzo e ho preso anche lei, non c’ho più visto». Da questo si deduce che Paola nel momento dell’aggressione alla madre fosse in un’altra stanza e sia accorsa in soccorso. Ma è stata colpita a morte. Prima pare alla nuca, forse con un oggetto contundente e poi con diverse coltellate. Nella lettera indirizzata alla polizia Rampanelli ricostruisce quello che ha fatto. Spiega che tutto è successo fra le 13 e le 13.15, che ha preso il coltello dal ceppo d’istinto che ha colpito con la lama le due donne. E poi scrive anche di aver pulito tutto l’appartamento «non per nascondere qualcosa» specifica, ma per una necessità che sentiva di avere. Anche se non è stato in grado di spiegare che abbia voluto sistemare l’appartamento in maniera impeccabile.
Quando gli investigatori sono entrati nell’alloggio di via Marchetti, infatti, hanno trovato tutto in perfetto ordine e pulito. Poche le gocce di sangue rimaste a raccontare la tragedia che si era appena compiuta e uno specchio, di quelli da pavimento, con il vetro incrinato. Il resto era tutto al suo posto. Rampanelli ha poi spiegato di essere andato a casa di Paola per recuperare il barboncino che la ragazza aveva lasciato là. E di averlo consegnato a «Riky», ossia Riccardo Ferrarese, il padre della ragazza che abita nello stesso palazzo di via Marchetti. Una missiva è anche per i parenti. Parole con le quali Rampanelli ha voluto chiedere scusa ai suoi figli, al figlio di Laura, a Riccardo Ferrarese e a tutti parenti. Con un’avvertenza: «non dite nulla a mia madre». E ha voluto anche sottolineare come non ci sia la presenza di una terza persona in questa storia. Insomma, un avvertenza per i giornalisti (lo dice lui stesso) per chiarire che il duplice omicidio non è «nato» da un sentimento di gelosia ma dalla disperazione di un uomo che davanti alla decisione della sua donna di troncare il rapporto, si è visto crollare il mondo addosso. E che ha reagito armandosi di un coltello, uccidendo e poi togliendosi la vita.