l’opinione

La vera città brutta è quella del Bypass

«La circonvallazione ferroviaria di Trento non favorirà la circolazione di merci e persone e deturperà il territorio, costringendo i cittadini a un decennio di polvere, rumori e disagi». Elio Bonfanti risponde al commento di Pier Dal Rì e Roberto Botolotti


Elio Bonfanti


TRENTO. Il titolo (“Bypass, dire un no a prescindere o sognare una città bella?”) c’entra come i cavoli a merenda. Perché mai chi è contrario alla “mezza” circonvallazione ferroviaria di Trento dovrebbe volere la città brutta? Così insinuano i due ritrovati compagni di classe e frequentatori di università “militanti”, autori dell’editoriale sul Nuovo Trentino del 4 giugno scorso. Il succo dell’articolo sta invece a circa metà pezzo ed è costituito da uno dei mantra del capitalismo liberista, il rapporto fra flussi e luoghi. Scrivono infatti: “Trento ha degli obblighi, deve lasciare scorrere le acque dei suoi fiumi verso il mare ed i treni del nord Europa verso il suo sud e viceversa con persone e merci che ne rivendicano libertà di circolazione” (che questo sia una delle conseguenze del consumismo e che in questo modo si snaturino i territori è un idea che non li sfiora). Il resto dell’articolo è costituito da una “predicozza ideologica” che fa coincidere progresso e futurismo (il boulevard proposto da Busquets sarebbe, a detta dei due architetti. “deperiano”), di ovazioni all’archistar catalano Busquets (che, secondo i due, “tornerà in auge”).

Infine l’editoriale plaude alle Torri di Madonna Bianca e le paragona ai “saltari” (le torri di avvistamento dei guardiani del territorio agricolo) ed è pieno di giudizi sprezzanti per chi è contrario alla circonvallazione (“vittime della storia industriale di Trento Nord”, ed anche “vittime della incapacità di concepire una Trento bella, vivibile, che osa anche in architettura” che prima o poi dovranno “alzare bandiera bianca, andare in pellegrinaggio da qualche Madonna e rendersi conto che con questi argomenti non si ha diritto a condizionare il futuro e i sogni di una città che in un modo o nell’altro sta cogliendo l’attimo”). Partiamo dalla sostanza, ovvero la identificazione della circonvallazione ferroviaria di Trento con la pretesa libertà della circolazione delle merci e persone dal nord Europa al sud e viceversa. Con la loro rivendicazione i due autori non si accorgono di non vedere uno dei più grandi scandali del nostro tempo: il fatto che in Europa oggi le merci circolano liberamente, mentre non lo possono fare le persone e questo non perché non sia ancora stata realizzata la circonvallazione ferroviaria di Trento ma perché esistono politiche migratorie che negano l’accesso ai migranti che vengono alla ricerca di un futuro migliore. Ma su questo l’enfasi dei novelli sostenitori della libera circolazione lascia il posto al disinteresse.

Veniamo alle merci. Che la circonvallazione di Trento sia inutile è un dato che neppure sfiora i nostri neofiti. Che sulla ferrovia del Brennero transitino 14 milioni di tonnellate di merci all’anno (il 26% del trasporto totale di merci che usa quel valico) mentre ne potrebbe transitare il doppio, ovvero che la capacità della linea sia superiore ai 28 milioni di tonnellata annue, pare non lo sappiano. Cosi come pare non sappiano neppure che basterebbe la sola introduzione del sistema EMTS e la sostituzione degli attuali treni con treni più lunghi (il già finanziato passaggio da treni di 500 a treni di 750 metri) per aumentare di un altro 25% la capacità ferroviaria. Insomma con molti meno soldi e con una vera politica del trasporto potremo fare quella che in gergo viene chiamata “la cura del ferro” e riusciremo a spostare una parte assai consistente di traffico pesante dalla gomma alla rotaia.

I due fanno finta di non sapere che una parte rilevantissima del trasporto merci autostradale sulla A22 è costituito da quello che la Svizzera chiama “traffico deviato”, da vettori che fanno anche 60 chilometri di percorso in più del percorso più breve per giungere a destinazione perché richiamato sulla Brennero dal basso costo del pedaggio autostradale (il più basso di tutti i valichi alpini!) e dal basso costo del gasolio, fattori che permettono di “risparmiare” quasi 500 euro a viaggio. Le conseguenze in termini di inquinamento e di peggioramento delle qualità della vita nella valle dell’Adige ed in quella dell’ Inn sono alla base delle restrizioni del trasporto sulla Brennero in Austria, ma di questo i nostri, neppure parlano. Per loro il progresso è la circolazione delle merci, la trasformazione dei territori di montagna come è il Trentino in nastri trasportatori di merci, o di semilavorati verso il nord Europa, la Germania in particolare. Si deve a questo modo di ragionare, che predica bellezza ma distrugge il territorio, il divenire de l’autotrasporto, e le grandi opere conseguenti, il settore strategico dello sviluppo provinciale con la realizzazione della Pirubi, della terza corsia dinamica e delle opere autostradali che vedranno lo spostamento della tangenziale di Trento sull’attuale tragitto della A22 e la realizzazione di una nuova galleria sotto il Bondone oltre alla realizzazione a sud di numerose tratte di accesso, per far arrivare sulla nostra autostrada sia il traffico delle autostrade tirreniche che di quelle adriatiche.

Sulla “bellezza della circonvallazione” poi giudichino i lettori, visto che è previsto che la valle dell’Adige, da San Martino a Roncafort sia deturpata da una ampia trincea dove scorreranno i binari del quadruplicamento e che detta trincea minimizzi il suo impatto in termini di rumore attraverso il posizionamento ai suoi lati di barriere antirumore alte più di 5 metri, un’opera che renderà impossibile il collegamento fra est ed ovest della città; così come a sud, all’ingresso di Villa Bortolazzi, è prevista una pesante cementificazione. Infine, ci consentiranno i nostri interlocutori di non considerare bello né il vivere in una città dove per un decennio convivremo con cantieri, polvere, rumori, disagi, né che si intervenga nelle aree del SIN di Trento Nord senza averne valutata la pericolosità, mettendo tutti di fronte al fatto compiuto e gli abitanti dei quartieri circostanti e i lavoratori, a rischio di avvelenarsi, come è avvenuto per decenni.













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