il caso

La Curia: San Bartolameo non esiste

La conferma di don Lauro Tisi. L’assessore Biasiolli: ma Oltrefersina non vuol cambiare


di Paolo Piffer


TRENTO. Per competenza, la pietra tombale sulla faccenda, ci fosse mai qualche dubbio, la mette don Lauro Tisi, vicario generale della Diocesi. “San Bartolomeo è con la “o”. Con la “a”, di santi non ce n’è proprio nessuno. E quindi, per noi, sia il cimitero che la chiesetta sono di San Bartolomeo”, afferma. Peccato che nel sito ufficiale del Comune il piccolo cimitero in collina sia riportato a volte con la “o” e altre con la “a” così da risultare, anche, di San Bartolameo.

Il quartiere dedicato al Santo che non c?è

La scoperta del nostro fotografo Dino Panato: San “Bartolameo” non esiste. Ma a lui si ispirano vie ed edifici di Trento - L'ARTICOLO

Il caso della confusione toponomastica che regna in “San Bortol”, tanto per non ripeterci usiamo per una volta il dialetto, sollevato dal fotografo di questo giornale Dino Panato, fa discutere. Perché, a rigor di logica, è quantomeno curioso che la via, lo studentato e il suo bar come la stazione ferroviaria siano intitolate ad un inesistente San Bartolameo mentre la residenza sanitaria, la cartellonistica della passeggiata per i Bindesi, oltreché il nome del quartiere, facciano giustizia del martire, uno dei dodici apostoli, squartato vivo e poi crocifisso dai pagani nel I secolo dell’era cristiana. Dove però il confine tra giusto e sbagliato si fa più labile è nella consuetudine, in quel terreno, “minato”, che è il portato dello scorrere degli anni, se non, addirittura, della notte dei tempi, attraverso trascrizioni poi date per buone ed entrate a forza nell’uso comune.

Perché il vicesindaco Paolo Biasioli, che ha anche la competenza toponomastica, non ha dubbi sul fatto che un San Bartolameo, con la “a”, proprio non c’è come sostiene il nostro Dino Panato, ma… “Ma – afferma – quando un paio d’anni fa sono andato in Oltrefersina per dire che quel nome era sbagliato e bisognava cambiarlo, in parecchi mi hanno detto di no”. E il vicesindaco cita libri su libri, dal censimento regio del 1921 agli scritti del Pranzelores fino al saggio di Lamberto Cesarini Sforza sulle strade e piazze della città. Dove, il nostro, figura con la “a”. Al che, Biasioli ha alzato bandiera bianca. Intanto, una mano amica fa arrivare in redazione una mail con un breve pamphlet apparso anonimo un paio d’anni fa sulla rivista “Studi Trentini. Storia”, pubblicata dalla Società di studi trentini di scienze storiche. Poco più di tre paginette dal titolo “Le martyre de Saint Barthélémy: nomi di santi, nomi di vie”, dedicate proprio al caso in oggetto, alimentandolo da par suo. Eccone alcuni stralci: “La questione è stata brevemente trattata e altrettanto celermente dichiarata irrilevante dalla commissione consiliare per la toponomastica del Comune di Trento. Avrebbe meritato un esame più attento, invece, e ne sarebbe potuta derivare la tardiva, ma doverosa rettifica di una variante lessicale (Bartolameo, appunto) perlomeno improbabile”.

E ancora: “Nel caso scelto si assiste ad una vera e propria invenzione dell’antico, dato che il toponimo è attestato nella forma Bartolomeo, e varianti, nella cartografia e in diversi documenti d’archivio, almeno dalla fine del secolo XVIII”. Per chiudere in gloria, par di capire che sia ben difficile, se mai lo si volesse, scegliere a che santo votarsi…













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