bypass ferroviario

La circoscrizione centro storico: «Bypass ferroviario, vanno fermati subito i lavori»

Il presidente Claudio Geat: «All’inizio tante prescrizioni, ora sono tutte disattese: non basta proclamarle per pulirsi la coscienza»


Ilaria Puccini


TRENTO. La Circoscrizione Centro Storico-Piedicastello prepara due nuove delibere consiliari indirizzate al Comune di Trento per denunciare come la realizzazione della circonvallazione ferroviaria non stia seguendo i necessari prerequisiti di sicurezza. Nello specifico, una prende in esame il cantiere di Rfi-Rete Ferroviaria Italiana, in parte finito sotto inchiesta per ipotesi di disastro ambientale e inquinamento, l'altra ha invece per oggetto la bonifica del rio Lavisotto, curata dall’Agenzia Provinciale per le Opere pubbliche (Apop).

«Troppo poca l'attenzione, troppo poca la trasparenza su un cantiere da 930 milioni di euro che coinvolge due siti inquinati di interesse nazionalecon gravi rischi per i lavoratori e la popolazione» afferma il presidente Claudio Geat. Sono tanti gli esempi presi in considerazione per denunciare una condotta, quella delle aziende riunite nel consorzio Tridentum, ritenuta lacunosa e affrettata: «Prendiamo il caso della copertura in amianto rilevata sui tetti delle ex officine Tomasi in via Brennero (riportata su Il Nuovo Trentino del 14 luglio, ndr). Che il Comune di Trento abbia chiesto un sopralluogo da parte dei tecnici Uopsal dell'Azienda Sanitaria solo il giorno dopo la diffusione della notizia, e che tale intervento sia stato da loro ritenuto "urgente" in vista dell'imminente demolizione, testimonia che non c'era alcun piano di prevenzione. In tutto ciò, agli abitanti non è stata data alcuna ulteriore informazione, però li si è invitati a chiudere porte e finestre rivolte verso il cantiere».

Geat cita un altro esempio: «Si è assistito allo scavo, all’accumulo, al trasporto e al deposito dei terreni scavati vicino alle aree inquinate di Sloi ed ex Carbochimica nell’ ex scalo Filzi di fianco a Via Brennero, operazione che va contro la prescrizione B-20 per cui andavano caratterizzati anche gli stessi terreni dell’ex scalo». Tali attività, secondo il documento, potrebbero prefigurare il disastro ambientale. La Circoscrizione chiede ancora: «Che fine ha fatto il protocollo d’intesa tra Rfi, Provincia e Comune per mitigare l’impatto del cantiere sulla vita dei cittadini?». Tra i contenuti di maggior rilievo di tale protocollo, ricorda l’ingegner Geat, c’erano l’impegno di Rfi a costituire un "focal point" per il monitoraggio ambientale e geo-strutturale, il trasporto di materiali «solamente con automezzi nella più alta classe Euro», cioè camion Euro6, e misure per evitare la dispersione di polveri, cioè che i camion viaggiassero a carico coperto.

Era inoltre prevista la costante irrigazione delle montagne di materiale polveroso per evitare che questo si disperdesse nell’aria. «Ma nulla di tutto questo è stato fatto, ora hanno cominciato a coprire i cumuli sull’ex scalo Filzi con dei teli, ma ciò non toglie che l’appaltatore non si è dotato di un sistema di gestione ambientale» osserva Geat. Ultimo ma non ultimo, l’abbandono del cartellone informativo di un cantiere di una tale portata «appeso sui fili del bucato e poco visibile». Affinché il protocollo venga rispettato, la circoscrizione intende chiedere l’intervento della Polizia Municipale. Il secondo documento tratta invece la bonifica delle rogge demaniali, in particolare il Lavisotto.

Lunedì, i comitati dei cittadini hanno diffuso un video in cui si vedono gli operai incaricati di bonificare la fossa inquinata in ambiente protetto entrare e uscire dal gazebo che dovrebbe fungere da barriera tra l’ambiente confinato dei lavori di bonifica e l’esterno senza alcun dispositivo di protezione individuale. «E non solo, da tempo anche i filtri d’areazione che dovrebbero trattenere i gas tossici all’interno del gazebo giacciono abbandonati da una parte» denuncia Geat. «Il fatto è che nella fase progettuale del cantiere ci si è spesi in raccomandazioni come a sgravarsi la coscienza, prescrizioni che adesso vengono costantemente disattese - conclude Geat - al contrario, la poca trasparenza con cui le ditte del consorzio Tridentum, il committente - le Ferrovie - e le istituzioni - Comune e Provincia - si stanno comportando nei confronti del più grande cantiere finanziato dal Pnrr in Trentino non farà altro che alimentare la sfiducia nei cittadini».













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