L’Orrido di Ponte Alto torna alla città
Concluso il progetto definitivo a gennaio si procederà all’assegnazione dei lavori per riqualificare il canyon del Fersina
TRENTO. Entro metà gennaio il progetto esecutivo, poi la gara per l’assegnazione dei lavori e a fine 2015 Trento dovrebbe tornare ad avere uno dei suoi più antichi punti di attrazione turistica: l’Orrido di Ponte Alto. Un canyon di roccia carsica straordinario che si dipana lungo le sponde del Fersina ed è intervallato da una struttura di contenimento idraulico (la serra di Ponte Alto e la controserra Madruzzo) realizzata, così com’è oggi, dall’Impero Austro-Ungarico ma il cui impianto originario risale addirittura al 1537 quando il principe vescovo Bernardo Clesio decise di contenere le onde di piena del fiume che ciclicamente minacciavano la sicurezza della città.
Già ai primi del ’900 l’opera con la sua spettacolare cascata, che ha un salto di circa 60 metri di altezza, il suo burrone profondo più di 100 metri, le opere di contenimento e gli oltre 200 scalini che si devono percorrere per raggiungere le pendici del fiume fu trasformata in un centro di attrazione turistica. E poi bisogna ricordare i 93 scalini di una caratteristica scala a chiocciola in pietra che permette di accedere ad un balcone, con suggestiva vista della cascata delle acque dall’interno della forra. Lungo la Valsugana, dunque, all’altezza del punto di accesso al sentiero che conduce alla struttura, sorsero così due ristoranti (oggi ne esiste uno, “La Gnoccata”). Poi il declino fino alla chiusura al pubblico per ragioni di sicurezza e di gestione (il terreno ancora oggi è di proprietà di privati). «Ora stiamo per sbloccare tutto – spiega il direttore dell’ufficio pianificazione e demanio idrico della Provincia Stefano Fait – abbiamo già completato il progetto definitivo per riqualificare completamente l’area e ci avviamo a concludere il progetto esecutivo. Poi si procederà alla gara per assegnare i lavori. Una gara su invito anche perché gli interventi che si richiedono sono molto specifici e solo poche ditte sono in grado di compierli». E poi ci sono le risorse: 600 mila euro già stanziati da tempo. Era ottobre 2011, infatti, quando l’allora assessore provinciale all’ambiente Pacher annunciava che entro due anni l’opera sarebbe stata aperta la pubblico. E invece i blocchi imposti dal patto di stabilità e i problemi legati alla definizione degli accordi con i privati per l’utilizzo delle aree, con particolare riferimento agli accessi, hanno fatto slittare il via ai lavori. «Questi anni, però, sono stati preziosi – aggiunge Fait – abbiamo compiuto carotaggi, analisi dei terreni, abbiamo studiato ogni dettaglio idrogeologico dell'area con il laser scanner. Ed ora che i controlli sono conclusi si può procedere con il progetto definitivo».
Nei piani dell'amministrazione la ditta appaltante dovrà mettere in sicurezza il sentiero e le diverse scalinate, posare una serie di passerelle per rendere più accessibile la visita al canyon e posizionare delle grate nei punti più panoramici dell'opera. Ancora da definire gli aspetti riguardanti l'accesso. La volontà sembra sia quella di regolarlo con delle visite guidate gestite dall’associazione Ecomuseo Argentario. «In questo modo - conclude Fait - personale formato potrà spiegare gli aspetti storici, naturalistici e geologici dell’opera accompagnerà i visitatori nel viaggio nel canyon».