L’infarto è stato fatale per Luisa Negrini
I primi risultati delle indagini sulla morte avvenuta 5 ore dopo le dimissioni da Tione. La famiglia vuole chiarezza
TRENTO. Un infarto. Questa la causa della morte di Luisa Negrini, la bolognese 76enne deceduta lunedì sera, poche ore dopo le missioni dall’ospedale di Tione in base ai primi risultati dell’autopsia che la procura di Trento ha affidato al dottor Dario Raniero. Ora il medico ha 60 giorni per consegnare la relazione finale che dovrà chiarire come è morta la donna che in questi giorni si trovava in vacanza con la figlia e i nipoti nella casa di proprietà di Sant’Antonio di Mavignola, in val Rendena. Intanto i carabinieri stanno facendo ulteriori accertamenti per verificare se in ospedale sia stato rispettato il protocollo previsto in questi casi. La famiglia dell’anziana si è rivolta all’avvocato Giuliano Valer per seguire il caso. Una famiglia che vuole solo sapere perché Luisa è morta a poche ore dalla dimissione. E quindi se i sanitari abbiano fatto tutto quello che dovevano fare. Se quindi il decesso della donna potesse essere evitato. Luisa Negrini aveva iniziato a stare male domenica sera. Dolore allo stomaco, senso di nausea, ma aveva preferito andare a dormire per riposare, sperando in un miglioramento. La mattina seguente il dolore era ancora presente e forte ed è stata quindi accompagnata dai suoi famigliari al pronto soccorso di Tione. L’arrivo verso le 8.30 e sono subito iniziati una serie di controlli per capire quale fosse la causa di quel malessere. Prelievi ed esami e quindi alle 14.40 le dimissioni con la diagnosi di ernia iatale. Luisa Negrini fa quindi ritorno nella casa di Sant’Antonio di Mavignola e verso le 19 le sue condizioni di salute precipitano tanto che la figlia fa chiamare il 112. Una corsa contro il tempo che si è rivelata purtroppo inutile quella dei sanitari: la donna era già morta, nelle braccia della figlia. A far scattare gli accertamenti l’indicazione, al momento, di un’emorragia gastrica come causa della morte. Quindi la decisione dei carabinieri di sentire il pm di turno che ha immediatamente aperto un fascicolo. Sul registro degli indagati è stato iscritto (anche a sua tutela perché può partecipare tramite il suo avvocato, Mauro Bondi, ai vari passi dell’indagine) il medico che ha firmato la lettera con la quale la donna è stata dimessa.