L’indignazione di Coletti per Grillo
«Ancora una volta il disabile disprezzato e metafora per sfottere»
TRENTO. «Ancora una volta viene proposto un modello in cui il disabile, il diverso, è oggetto di scherno e di disprezzo, la metafora buona per sfottere. Con l'aggravante che lo si è fatto apertamente, in un contesto pubblico riprodotto dai media e dai social, in una riunione di un movimento politico che governa il Paese. Come fosse normale e accettabile». Giovanni Coletti, ufficiale al merito della Repubblica, «papà» di Casa Sebastiano, presidente dell’Agsat (associazione genitori soggetti autistici) e della Fondazione trentina per l’autismo, ha atteso qualche giorno prima di commentare le parole di Beppe Grillo su autismo e sindrome di Aspeger. Che è stata definita «quella sindrome di quelli che parlano in un modo e non capiscono che l’altro non sta capendo. E vanno avanti e fanno magari esempi che non c’entrano con quello che stanno dicendo, hanno quel tono sempre uguale. C’è pieno di psicopatici...». «La conseguenza diretta - spiega Coletti - è stata un'ondata di rabbia, legittima, delle famiglie e delle stesse persone Asperger, ancora una volta stigmatizzate e prese a pretesto da pregiudizi e falsi luoghi comuni. I motivi per essere arrabbiati ci sono, e sono molti. La colpevole ignoranza che trapela dal discorso in merito all'autismo e alla Sindrome di Asperger è già di per sé madornale e imperdonabile da uno che ha professato onestà intellettuale per sé e per il movimento politico che fino poco tempo fa ha rappresentato, ma ne esce ancorché amplificata per lo spregevole uso che il comico ha fatto delle sue parole: allo scopo di denigrare, sminuire, dileggiare gli avversari politici o le altrui diverse visioni chiama in causa la disabilità, anzi le persone con una disabilità specifica, che nel suo discorso sono assurte a termine di paragone dispregiativo e pretesto per schernire e sbeffeggiare. Quanto questa normalità apra le porte alla discriminazione, al bullismo, all'emarginazione, lo sappiamo già. Passato lo sgomento, più che la rabbia ci resta la tristezza ed il dispiacere di vedere che ancora l'ignoranza e la meschinità la fanno da padrone, anche da parte di chi decide le sorti di una nazione».