Trento

Itas, chiesto il giudizio per tutti cinque gli indagati

Confermate le accuse di estorsione, truffa, appropriazione indebita e calunnia per l’ex dg Grassi



TRENTO. La procura conferma l’impianto accusatorio e ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti e cinque gli indagati nell’inchiesta Itas. Confermando anche le singole accuse che sono state mosse ad ognuno. E ora si tratta di aspettare la fine di settembre quando davanti al giudice Forlenza si svolgerà l’udienza preliminare.

Gli indagati sono: Ermanno Grassi, 51 anni, ex direttore generale di Itas, il dirigente e procuratore speciale di Itas Patrimonio Paolo Gatti, 44 anni di Milano, il titolare della Target sas Roberto Giuliani, 57 anni di Mori, Gabriele Trevisan, rappresentante della Point rent car, 44 anni di Piove di Sacco, e Alessandra Gnesetti, 53 anni, ex responsabile gadget dell'Itas. Era stata lei, con una lunga e articolata denuncia, a far partire gli accertamenti del carabinieri dei Ros che, sotto il coordinamento del pubblico ministero Carmine Russo, ha portato all’attuale richiesta di rinvio a giudizio.

Partiamo dall’accusa più grave quella che mossa contro il solo Ermanno Grassi ed è per l’estorsione ai danni del presidente di Itas, Giovanni Di Benedetto che sarebbe stato fatto pedinare da un investigatore privato. Il fine? Raccogliere materiale tale da costringere il presidente del cda a non avanzare delle richieste danno per una serie di comportamenti tenuti dallo stesso Grassi e da altri (comportamenti che fanno parte dell’atto d’accusa) e per veder elargiti dei premi per quasi 400 mila euro.

Grassi e Trevisan sono accusati di truffa per aver procurato a Grassi la Porsche Cayenne da 80 mila euro in leasing e mettendola in conto all'Itas. Grassi, Alessandra Gnesetti e Trevisan sono indagati per truffa perché avrebbero procurato una Porsche Carrera 911 per Grassi e una Porsche Boxter per la Gnesetti facendo pagare il leasing all'Itas. Il solo Grassi è indagato per tentata truffa per aver cercato di far pagare all'Itas la badante per i genitori. Grassi è accusato anche di calunnia nei confronti della Gnesetti per averla denunciata per diffamazione e calunnia per alcune mosse da quest'ultima nella causa di lavoro.

Altra truffa contestata a Grassi è quella di aver messo sul conto dell'Itas una vacanza con la famiglia a Palma di Maiorca con aereo privato per un importo di 13 mila euro facendola passare per un viaggio di lavoro ad Amburgo. Grassi e Gnesetti sono accusati di falso perché avevano dichiarato che, quando la loro auto andava a 112 chilometri all'ora a Cittadella, a guidare era la donna e non Grassi, contrariamente al vero. Grassi e Gatti sono indagati per truffa per aver fatto passare l'attico in cui viveva il direttore generale come una sede Itas e quindi, addebitando alla compagnia 670 mila euro di spese per arredi, cucine e impianti domotici. Grassi e Giuliani sono accusati di truffa perché la Target sas di Giuliani è stata scelta come intermediaria a cui alcuni fornitori fatturavano beni di lusso che poi sarebbero stati rifatturati in maniera maggiorata a Itas.

Solo nel 2011 Target aveva fatturato a Itas beni e servizi per 560 mila euro. Secondo l'accusa in questo giro Grassi avrebbe fatto assumere a Target la sua ex moglie, pagata con contratto di consulenza 6.200 euro al mese senza obbligo di orario. Infine Grassi e Gnesetti sono accusati di appropriazione indebita per l'acquisto di benefit, vestiti e altri beni di lusso per un valore di 435 mila euro a spese dell'Itas.

Grassi, interrogato, aveva smentito di aver fatto o tentato un’estorsione contro Di Benedetto, spiegando che quel 007 era stato assunto da Itas e per il bene di Itas, non certamente per essere usato contro il presidente. Presidente che da subito ha negato di esser stato vittima di un ricatto. «Se qualcuno mi ha “seguito” - aveva spiegato all’indomani dell’esplosione del caso Itas - si sarà accorto che cammino con i piedi per terra schiena dritta e fronte alta. Conseguentemente ogni illazione su ogni mia presunta “ricattabilità” è destituita di fondamento».

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