Insulti lanciati su Youtube: condannato a due mesi

Protagonista un alense che aveva definito un padovano”infame brigatista” . A nulla è servito il nickname: l’uomo dovrà risarcire anche con 5mila euro



VALLAGARINA. «Vi invito a non visionare il sito del brigatista (nome e cognome) in quanto egli è solo uno sciocco infame e non è in grado di dare risposte sicure e concrete alle vittime e anche a coloro che volessero approfondire, ma solo di “spocecare” nella rete con siti che valgono un bagolotto di capra nana e a cadere sempre nella politicizzazione. In molti lo hanno definito con una parola che in sicilia non è per nulla onorevole. La parola è infame». Invito dai toni pesantissimi quello che nel febbraio del 2011 aveva scritto sul notissimo sito www. youtube.com un alense di 36 anni nei confronti di un cinquantatreenne padovano. non è chiaro quale tipo di rancore il trentino nustrisse nei confronti del veneto, ma aveva pensato bene di “postare” questo pesantissimo attacco nascondendosi dietro un nickname. Che però non gli è servito a molto perché, dopo la denuncia presentata dalla sua “vittima”, l’alense è stato identificato e portato in tribunale per rispondere del reato di diffamazione. Cosa che è puntualmente avvenuta l’altro giorno, con l’imputato che si è presentato in aula “armato” di un grande mazzo di crisantemi da porre sul tavolo in ricordo del presidente della sua associazione. Ma il compito del suo avvocato d’ufficio, l’avvocato roveretano Cristina Luzzi, è parso subito assai difficile. Il suo cliente ha infatti ha ammesso e a poco, per non dire na niente, è valso il fatto che il destinatario dei suoi strali fosse davvero stato condannato per reati contro lo Stato e che, proprio per quel motivo, avesse passato 8 anni nelle patrie galere.

E così, il giudice Corrado Pascucci ha condannato l’alense a due mesi, con la sospensione della pena. La condizionale, però, è subordinato ad un aspetto tutt’altro che secondario: per non rischiare di finire in galera, il trentino dovrà versare al padovano il bel gruzzoletto di 5 mila euro come risarcimento, a cui ne devo essere agiunti altri 1500 per le spese processuali. Una bella mazzata, insomma. Sempre più spesso, con la diffusione capillare di computer e internet, la Giustizia è chiamata ad occuparsi di reati commessi nello sconfinato mondo del web. Si va da quelli più terribili, come la pedofilia o lo stalking, a quelli più banali, e non di rado divertenti, legati a insulti e diffamazione. In molti, sbagliando, considerano i social network come terra di nessuno in cui regolare i conti con i propri nemici. Persone con cui si è litigato nel mondo reale, ma anche individui mai conosciuti personalmente e spesso ricoperti di volgarità e improperi. Errore grave, perché chiunque pigi sui tasti tasti di un computer può essere -più o meno facilmente - rintracciato, identificato e chiamato a rispondere del proprio comportamento.

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