Insegnanti di sostegno: troppo pochi per la scuola

Al nuovo anno scolastico si sono iscritti circa 180 ragazzi in più con “bisogni educativi speciali”. Non ci sono risorse per affiancare loro docenti specializzati


di Giuliano Lott


TRENTO. Nella scuola trentina falcidiata dai tagli scoppia la grana degli insegnanti di sostegno: l’anno scolastico appena iniziato ha raccolto le iscrizioni di un cospicuo numero di ragazzi con Bes (Bisogni educativi speciali), ossia con deficit di varia natura che li pone nella necessità di essere seguiti in maniera adeguata. Il primo dato importante è che con le forze in campo non viene garantita la copertura delle necessità. Basti pensare che a fronte di circa 170-180 tra bambini e ragazzi in difficoltà (dei quali almeno una quarantina con problemi gravi, che necessitano anche di un’assistenza sanitaria) in più rispetto allo scorso anno, sono stati disposti solo 12 insegnanti di sostegno e 8 facilitatori di comunicazione in più. Il risultato, spiega Pietro Di Fiore (Uil Scuola) «è che per fare fronte alle numerossissime richieste, giunte in misura maggiore rispetto al passato, vengono affidati incarichi di sostegno ad altri insegnanti, scelti nelle graduatorie di istituto ma privi di una qualifica ad hoc. Spesso, bisogna pur dirlo, si tratta di insegnanti che pur in assenza della qualifica hanno competenze specifiche guadagnate sul campo. Tuttavia neanche con il ricorso a loro si riescono a coprire le necessità didattiche dei ragazzi con Bes, in special modo sul tempo pieno». Le specializzazioni, spiega Di Fiore, sono rare, e per precise ragioni storiche. «Sono state bloccate per anni. Ora la Provincia sembra intenzionata ad avviare dei tirocini formativi, che però forniranno 15 specializzati per le scuole primarie, altri 15 per le secondarie di primo grado e zero per le secondarie di secondo grado».

Ancora più duro Alessandro Genovese (Stati generali della scuola trentina - Fenalt): «Il ministero ha inaugurato una nuova via, prevedendo vere abilitazioni per gli insegnanti di sostegno. Oggi invece basta la disponibilità dell’insegnante. Rimane però un mistero come mai in Trentino siano previsti zero posti tra gli specializzandi, non è dato sapere in base a quali calcoli». Per Genovese, l’insufficienza degli organici a garantire la copertura è «scandalosa, una vergogna. Mentre la scuola trentina spende in tablet e lavagne luminose dimentica una delle esigenze fondamentali: che i ragazzi con problemi siano seguiti da insegnanti preparati e formati per occuparsi delle loro necessità scolastiche. Nel frattempo si sprecano slogan come “scuola inclusiva”, cosa che fa sorridere se pensiamo che mancano le risorse per includere chi ha problemi sanitari certificati». La scuola trentina - come del resto quella altoatesina, che soffre problemi non dissimili - reagisce come può e come riesce, a volte con uno stratagemma che aggira le norme. Cioè assumendo assistenti educatori - non insegnanti, perché costerebbero di più, mettendo in crisi i bilanci - e affidando loro compiti da insegnanti di sostegno. Secondo Genovese, l’intera gestione dei ragazzi con “bisogni educativi speciali” (una formula molto politically correct per indicare disabilità spesso gravi) andrebbe rivista da cima a fondo: «I ragazzi con problemi sono aumentati, le risorse no. Forse sarebbe il caso di tagliare progetti inutili e consulenze per garantire i diritti fondamentali alle famiglie».

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