i dati

Influenza, in Trentino il peggio lo abbiamo lasciato alle spalle

Il rapporto epidemiologico di InfluNet registra che in nettissimo anticipo rispetto agli anni scorsi iniziano a calare sensibilmente i contagi. Picco raggiunto a inizio dicembre. I più colpiti restano i bambini


Luca Marsilli


TRENTO. I medici non parlano di “influenza” ma di “sindromi simil-influenzali”. Tutte quelle malattie con sintomi molto simili tra loro che genericamente i pazienti chiamano influenza, mentre l’influenza vera e propria, determinata da uno specifico virus che si presenta spesso in più varianti, è una precisa malattia. Ma con questa premessa di metodo, il rapporto epidemiologico di InfluNet riporta finalmente una buona notizia: il peggio dovrebbe essere passato. E il condizionale è uno scrupolo quasi eccessivo: se è vero che non si può escludere teoricamente una ripresa del virus, è altrettanto vero che dal 2009 a oggi la curva stagionale è sempre stata con un solo picco. Una gobba, guardando il grafico, non due o tre. Con l’eccezione del 2021, dove però le condizioni anomale (mascherine, distanziamento sociale) avevano portato a una epidemia molto modesta, di fatto senza picchi significativi.

Guardando ai dati di questo inverno, il picco epidemico è stato raggiunto nella settimana a cavallo tra novembre e dicembre: dal 28 al 4. L’incidenza aveva superato i 16 casi per mille abitanti. Attorno a quel dato si è mantenuta, sia pure in lieve calo, per due settimane: tra il 12 e il 18 dicembre era ancora al 15,2 (casi su 1.000 abitanti) ma da lì il calo si è fatto più rapido: tra il 19 e il 25 dicembre l’incidenza è scesa a 13,1. Rientrando sotto la soglia della “intensità media”. Guardando ai grafici degli ultimi 20 anni, che disegnano una curva straordinariamente simile come forma anche se spostata nei mesi e diversa per l’altezza raggiunta, è lecito aspettarsi che il calo proceda in modo quasi simmetrico rispetto all’aumento dei casi: solo un po’ rallentato. Vorrebbe dire essere quasi fuori dall’epidemia stagionale nel giro di poche settimane, comunque prima della fine di gennaio. Con l’influenza 2022/2023 che si sarebbe presentata con quasi due mesi di anticipi rispetto alla media degli anni passati, ma che con altrettanto anticipo si sarebbe anche levata di mezzo.

Il discorso vale per tutta Italia: le sindromi simil-influenzali nella 51° settimana del 2022, sono risultate in calo per tutti i “medici sentinella” (938) che hanno inviato i loro dati a InfluNet. L’incidenza media nazionale è scesa quindi a 13,1 casi per mille assistiti e risulta in calo per tutte le fasce di età. L’andamento resta comunque straordinariamente disomogeneo: i bambini sotto i 5 anni restano i più colpiti con una incidenza di 38,7 casi per mille assistiti. (erano 45,9 nella settimana precedente). Il numero di contagi precipita a 18,68 casi per mille già tra i giovanissimi da 5 a 14 anni di età e scende poi a 11,99 per 1.000 per gli adulti (da 15 a 64 anni) e a 6,53 per gli over 65. Va detto che un ruolo nel tutelare le fasce di età più elevate lo gioca sicuramente il vaccino, diventato negli anni la regola almeno per i meno giovani e per i fragili, ma nondimeno colpisce come l’influenza di quest’anno sia stata selettiva nell’accanirsi soprattutti sui piccolissimi.

Peraltro con sintomi molto acuti: febbri altissime e persistenti. Sono le stesse “vittime” che predilige anche il virus respiratorio sinciziale: una malattia polmonare con sintomi non molto diversi da quelli dell’influenza di quest’anno e che risulta, invece, ancora diffusa e in crescita. In questo momento è a questa malattia che i medici guardano con maggiore preoccupazione, perché peraltro può colpire a pochissimi giorni di distanza anche chi è appena uscito dall’influenza vera e propria, approfittando anzi del suo stato di debilitazione. Il consiglio è di non accelerare l’uscita di casa, dando il tempo all’organismo di ripristinare le proprie difese immunitarie.

 













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