bypass ferroviario

Inchiesta, indagato il manager di Rfi

I carabinieri del Noe hanno messo i sigilli nell’area dove è emersa la sostanza oleosa. Ianeselli risponde ai comitati, preoccupati per le terre mescolate e per i camion in uscita


Andrea Tomasi


TRENTO. Nell’inchiesta della Procura di Trento per disastro ambientale ed inquinamento c’è un indagato. Si tratta dell’ingegner Damiano Beschin di Rfi (Rete ferroviaria italiana) . L’indagine - curata dai carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) - parte dalle segnalazioni fatte dai cittadini che si oppongono alla realizzazione della mega opera: un tracciato ferroviario (14 km, di cui 12 in galleria a doppia canna) che passerà in parte sui terreni contaminati delle ex aree industriali Sloi e Carbochimica. Damiano Beschin è il capo del “progetto circonvallazione”, l’uomo “operativo”nonché il “braccio destro della commissaria di Rfi Paola Firmi.

Inevitabilmente, nel momento in cui gli inquirenti iniziano ad andare in profondità e a scoprire i dettagli della vicenda, il primo nome che viene inserito nel registro degli indagati (è bene ribadire che il fascicolo è stato appena aperto e che c’è la presunzione di innocenza) è quello del formale responsabile dell’operazione bypass. Per chi si fosse perso le puntate precedenti ricordiamo che si tratta di un cantiere da un miliardo e 178 milioni di euro: soldi che vengono dai fondi del Pnrr e del Decreto Aiuti Ter.

Il piano - un tratto dell’asse del Brennero per il trasporto ad alta capacità per le merci - è sostenuto dalla Provincia autonoma e dal Comune di Trento. Nei giorni scorsi i comitati hanno denunciato la mancata caratterizzazione/analisi dei terreni oggetto di scavo e movimentazione (si parla anche di materiale terroso, raccolto tra le aree Carbochimica e Sloi, portato allo Scalo Filzi). Tutte materie sotto la lente dei carabinieri ambientali che in questa fase si avvalgono della collaborazione dell’Appa (Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente), su incarico del procuratore Sandro Raimondi e del pubblico ministero Davide Ognibene.

Il sequestro di parte dell’area cantiere (un fronte di 300 metri per 30 lungo la linea storica della ferrovia) è stato disposto su iniziativa del Noe. Il filone di inchiesta è molto articolato. L’ingegner Damiano Beschin è stato messo sotto indagine, in prima battuta, per la questione del fluido oleoso trovato nella porzione di terreno lungo la linea ferroviaria. Non si parla quindi (non ora, non in questa fase) della mancata analisi delle terre di scavo, né dell’eventuale mix con detriti (materiale di demolizione della massicciata) né dei trasporti sospetti (camion carichi che escono dal cantiere e che vanno verso Lavis e la Val di Cembra): temi cari al mondo di cittadini impegnati nelle battaglie No Bypass.

Beschin, che per adesso risulta essere l’unico nome sul registro degli indagati, deve rispondere della mancata comunicazione (a Provincia e Comune) circa la presenza di fluido oleoso che è sgorgato dal terreno. La presenza di materiale catramosa nella fossa primaria di Campo Trentino è stata denunciata dalle pagine di questo giornale il 21 giugno. L’11 luglio, a seguito di un carotaggio fatto nell’area Rfi, lungo i binari, tra i due Sin (Sito importanza nazionale) è stato individuato lo stesso fluido tossico riconducibile a quello della fossa primaria, proveniente dall’ex area industriale Carbochimica. Come detto, i carabinieri ambientali di Trento stanno operando su più fronti. Il report che hanno in mano i magistrati è come una costruzione in Lego: ogni giorno che passa si può sommare un mattoncino. Sono mattoncini di “veleni” sul cui peso “Il nuovo Trentino” vi terrà informati.

Intanto riportiamo le parole del sindaco Franco Ianeselli, interpellato sulla questione delle movimentazione nel cantiere e sulla richiesta di dimissioni, fatta via social dal Mondo No Tav: «Loro hanno il diritto di chiedere quello che ritengono però mi pare che le cose non siano legate, perché un conto è quello che sta avvenendo sul materiale, sul trasferimento del materiale - che anche qui è vigilato da Appa e da Azienda sanitaria - mentre il sequestro riguarda quello che c'è sotto: non i lavori che sono in corso ma i lavori che devono ancora avvenire». E ancora: «Certo, se Rfi avesse ascoltato quello che gli si chiedeva da tempo, che era di fare questa caratterizzazione ambientale forse ci si sarebbe evitati questo passaggio».
Ai comitati preoccupati per il traffico di camion carichi Ianeselli dice: «Il sequestro riguarda quello che c'è sotto, non il materiale che è stato spostato in superficie».













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