In valle dell'Adige è arrivata la cimice asiatica
I primi esemplari sono stati individuati a Zambana. È un serio pericolo per meli, peri e ortaggi
SAN MICHELE. Un insetto che si nutre delle piante, si nasconde nelle case ed emette cattivi odori. La conferma arriva dai tecnici della Fondazione Mach di San Michele. Per la prima volta anche in Trentino, e precisamente nella parte settentrionale dell’abitato di Zambana, sono stati individuati esemplari della cimice asiatica marmorata (nome scientifico: Halyomorpha halys).
La notizia sembrerebbe di per sé solo una curiosità, come lo può essere la comparsa improvvisa di un insetto sinora non segnalato nell’ecosistema trentino. C’è però un aspetto che preoccupa i coltivatori locali e potrebbe risultare sgradevole anche per i comuni cittadini.
«La specie – spiegano infatti i tecnici della Fondazione Mach – è caratterizzata da elevata polifagia, perché si nutre di oltre 100 piante ospiti. Inoltre è caratterizzato da una notevole mobilità, essendo un abile volatore. Inoltre può essere potenziale causa di danni ingenti alle produzioni frutticole (soprattutto pero, pesco e melo) e orticole. Può inoltre essere fonte di fastidio per le persone, vista la sua abitudine a trascorrere l’inverno al riparo negli edifici e di emettere sostanze maleodoranti. Si tratta di un’emergenza fitosanitaria che presenta al momento poche certezze sulle contromisure e molte incognite sulla sua evoluzione».
L’arrivo di questo insetto, anche se previsto, costringe ora a eseguire monitoraggi specifici per valutare il progredire della sua diffusione in provincia, a partire dai meleti e vigneti più vicini al punto di ritrovamento (appunto Zambana), senza trascurare altri ambienti potenzialmente colonizzabili.
La prima segnalazione italiana di questo insetto invasivo risale al 2012 in Emilia Romagna. Con rapidità si è diffuso nelle principali regioni settentrionali, da poche settimane se ne aveva notizia per l’Alto Adige, soprattutto nella zona della Val Venosta e di Bressanone.
Gli adulti sono lunghi poco più di un centimetro e mezzo e hanno la caratteristica forma a scudo. Il colore è tipicamente marmorizzato. Le antenne hanno striature bianche e nere, così come l’orlo dell’addome. Non va confusa con la cimice più comune nei nostri ambienti (il cui nome scientifico è Rhaphigaster nebulosa).
Come si può intervenire per porre rimedio alla comparsa di questo insetto? «Oltre ai mezzi chimici, che hanno un’efficacia solo parziale – spiegano i tecnici del Centro Ricerca e Innovazione di San Michele – il metodo di difesa che al momento fornisce i migliori risultati è la protezione degli impianti con reti anti-insetto. In collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, sono in fase d’identificazione “antagonisti naturali”, da utilizzare per il controllo biologico. Sono in corso ricerche anche per il miglioramento delle trappole attualmente esistenti, tramite la decifrazione della comunicazione chimica ed acustica della specie».