In strada per dare aiuto a chi oggi è senza voce
Molti studenti universitari tra i volontari che raccontano i rischi di una guerra tra poveri. Anna: «Studio a Spoleto ma quando torno vado in Piazza Dante»
TRENTO. Sono due le indicazioni che arrivano dagli «invisibili» che i volontari di strada incontrano due volte alla settimana. La prima è che rispetto ai rifugiati e al popolo dei barconi, si sentono “gli ultimi degli ultimi”, sentimento che sta innescando una pericolosa guerra tra poveri. La seconda è che i servizi sociali sono sottodimensionati e per nulla pronti a gestire situazioni di estrema emergenza, come quelli che abbiamo conosciuto in questi giorni.
Per Claudio Bertolli presidente dell'associazione «Volontari in Strada», i servizi sociali sono presenti, ma spesso manca la volontà di trovare una soluzione ai problemi degli invisibili: «Manca la spinta politica, anche perché è un mondo che non ha potere di voto. Spesso non hanno nemmeno la possibilità di far conoscere i loro problemi: sono dei “senza voce” che nessuno tiene in considerazione».
La seconda indicazione è la guerra tra poveri che si sta innescando tra gli invisibili storici e quelli arrivati più di recente, che agli occhi dei primi ottengono casa, sigarette e persino la possibilità di lamentarsi. La storia più frequente degli invisibili trentini è quella di uomini ridotti in povertà dalla disoccupazione, dal fallimento di un matrimonio tanto che la strada non è tanto una scelta di vita, quanto una situazione obbligata.
Poi ci sono gli stranieri arrivati in Italia alla ricerca di un futuro migliore e che a seguito della crisi hanno perso il lavoro e non volendo tornare a casa, ne proprio Paese, da sconfitti, hanno preferito rimpatriare la famiglia e restare in Italia , in Trentino, per giocarsi le ultime possibilità. «Molti hanno cercato una soluzione abitativa senza trovarla, oppure l'hanno dovuta lasciare perché non riuscivano più a mantenerla. Quindi reagiscono negativamente alla notizia di una soluzione residenziale per i nuovi arrivati che senza aver fatto nulla, si trovano con tutto quello che gli invisibili sognano. In più - conclude Claudio Bertolli - ci sono dei problemi di convivenza anche tra le diverse etnie degli invisibili, che si sentono reciprocamente torteggiate».
Per questo l'obiettivo dei Volontari in Strada è prima di tutto quello di creare dei momenti di aggregazione, nei quali attraverso la musica, o con i racconti di vita vissuta, ma anche mangiando insieme, ci si possa conoscere e provare a superare le rivalità. I volontari due volte alla settimana vanno in piazza Dante e lì aspettano che gli invisibili si facciano vivi. Dev'essere un approccio spontaneo con uomini, dall'età media che va dai quaranta ai cinquant’anni, per il 60% italiani.
Incontriamo i Volontari in Strada al Punto d'Incontro in occasione della preparazione di un'uscita serale. Sono studenti universitari, molte le ragazze, provenienti da Rimini, Brescia, Vicenza e Bari. Parliamo con Anna, 19 anni, trentina che studia a Spoleto ma programma i suoi ritorni in città con le serate in piazza Dante: «Lo faccio perché in questo tipo di rapporto, l'importante è la continuità della presenza. Ci si rapporta con persone che si ricordano di te, che vogliono conoscere anche i tuoi problemi: loro possono anche non arrivare, ma tu non puoi mancare. E' un rapporto che cresce col tempo e che allarga le prospettive personali». Anna racconta come può succedere che ci si incontri casualmente durante il giorno e come un involontario mancato saluto offenda gli invisibili. Nasce un reciproco rispetto che permette di portare un aiuto, quell’aiuto che spesso spontaneamente non sarebbe mai richiesto.
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