In coma dopo l’infarto, maxi-risarcimento

L’Azienda sanitaria paga 600 mila euro ai familiari di un imprenditore della Valsugana



TRENTO. L’elicottero del 118 si stava posando sulla piazzola sul tetto del Santa Chiara. A bordo c’era un noto imprenditore della Valsugana, impegnato anche in politica, colpito da un infarto. Era grave, ma il medico di servizio in rianimazione fece risollevare l’elicottero dicendo che in reparto non c’era posto. Così l’imprenditore fu mandato a Rovereto, non attrezzato per l’emodinamica d’urgenza, e poi venne rispedito a Trento. Una vera via crucis durante la quale l’imprenditore venne colpito da altri due infarti. Era il 17 aprile 2011. Da allora l’uomo, che ha 55 anni, è ridotto a un vegetale, ricoverato in una struttura specializzata. La Procura di Trento aveva già chiesto il rinvio a giudizio del medico della rianimazione che aveva rifiutato il primo ricovero a Trento per lesioni gravissime. L’udienza preliminare si terrà all’inizio di marzo, ma l’Azienda sanitaria per evitare guai peggiori ha già risarcito il danno con 600 mila euro. La parte civile, patrocinata dagli avvocati Nicola De Gaudenz e Paolo Dal Rì, rimetterà la querela. Così il procedimento contro il medico non procederà. Il danno è stato calcolato considerando il fatto che il notevole ritardo nelle cure ha peggiorato notevolmente le condizioni di salute dell’imprenditore. Secondo il perito nominato dal gip con l'incidente probatorio, il professor Francesco De Ferrari di Brescia, l'esito disastroso dell'attacco di cuore sarebbe dovuto al ritardo con cui l'uomo è stato ricoverato all'ospedale Santa Chiara. Il ritardo sarebbe stato causato dal rifiuto al ricovero da parte del medico di turno al reparto di rianimazione. L’elicottero riprese quota portando il paziente all'ospedale di Rovereto che, però, non è attrezzato per l'emodinamica d'urgenza. Così il paziente venne riportato in ambulanza al Santa Chiara. Durante il viaggio ebbe altri due infarti. Alla fine, venne ricoverato a Trento con due ore di ritardo. Troppo tardi, secondo la perizia di De Ferrari che ha concluso la sua consulenza sostenendo che «la condotta del medico ha provocato un ritardo diagnostico e terapeutico della patologia cardiaca influenzando negativamente le chance di ripresa del paziente». Dopo la perizia il pubblico ministero Davide Ognibene ha chiuso l’inchiesta e poi chiesto il rinvio a giudizio. Adesso arriva il risarcimento.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano