«Immigrati, sì allo ius soli se c’è un percorso culturale»
La docente candidata alla camera per Svp - Patt ha l’elezione assicurata: «Il mio impegno sul welfare, con l’attenzione ai territori e alla formazione»
TRENTO. È una delle outsider delle elezioni del 4 marzo, Emanuela Rossini, insegnante alla Statale di Milano e consulente in politiche culturali. Candidata alla camera per l’Svp - Patt è una figura della società civile, blindata, grazie ai voti dell’Svp con cui il Patt si presenta a livello regionale. In questa campagna avvelenata dal ritorno degli scontri in piazza tra antifascisti e chi si richiama al Duce, tra slogan come “Prima gli italiani” e chi le spara più grosse sulla riduzione di tasse e balzelli, lei dichiara che è stata «una campagna elettorale bellissima».
Per il sondaggio finanziato dal Patt il centrosinistra farà l’en plein in regione, ma l’aria che tira nel resto del Paese non sembra favorire il vostro schieramento. Lei che idea si è fatta, girando nei vari incontri elettorali?
La campagna elettorale mi ha dato l’opportunità di incontrare tanta gente, per me è stato bellissimo. Ho trovato persone che hanno bisogno di parlare, di confrontarsi e conoscere in prima persona chi sei. Direi che hanno bisogno di speranza, di capire la differenza dei programmi e l’impatto che la politica ha sulla vita di tutti i giorni. C’è voglia soprattutto di una politica legata al proprio territorio e di certezze sull’impegno a difesa dell’Autonomia.
Lei questo vento dell’antipolitica e della volontà di cambiamento non l’ha sentito?
Negli incontri della mia coalizione più che voglia di rottura, c’è la consapevolezza di quanto abbiamo conquistato. Si vogliono assicurazioni su quanto fatto e sul nostro futuro. Con l’Svp, il Patt ha un programma chiaro sulle competenze maggiori da chiedere, che riguardano il fisco, l’ambiente, la sicurezza e l’Euregio. Quindi siamo consapevoli dell’assunzione di responsabilità maggiori, quando la gente ci chiede di migliorare la viabilità, di mantenere i servizi nelle valli.
Vi avranno chiesto assicurazioni sui punti nascita, no?
Il Patt non ha mai detto bugie e se i numeri sono imposti a livello nazionale, non possiamo ignorarli. Certo, la salute delle donne va garantita e abbiamo avviato il percorso “nascere in montagna”, che il Trentino ha già presentato come macroregione alpina alla ministra Lorenzin. C’è bisogno di una medicina specializzata e una donna che vive in montagna ha bisogno della stessa sicurezza di chi vive in città: è un discorso di democrazia e noi vogliamo garantire il percorso dalla nascita fino ai tre mesi dopo perché c’è l’ aspetto scientifico, ma anche umano.
Il governo non è riuscito a fare passare lo ius soli. Lei cosa pensa delle politiche sull’immigrazione?
Abbiamo chiesto la delega per la sicurezza, perché c’è bisogno di più rispetto delle regole ma anche di politiche d’accoglienza e di più comunità. Bisogna integrare gli immigrati con una politica coordinata a livello europeo, con accordi tra i Paesi di provenienza e con l’accoglienza dignitosa. La solidarietà qui c’è, ma il fenomeno va gestito. La discussione sullo ius soli è stata inquinata dalla campagna elettorale e non sarebbe stato capito. Il Patt - Svp ha proposto una correzione per un percorso culturale, perché il migrante deve acquisire lingua e consapevolezza del Paese ospitante.
Un tema su cui si impegnerà maggiormente?
Il primo impegno è sulla nostra Autonomia, per prendersi più competenze ma anche responsabilità. Altro tema, è quello della formazione. Io che insegno da 18 anni alla Statale di Milano so cosa vuol dire un’università senza selezione: si fanno solo test corretti da computer e ho un centinaio di studenti per corso. Così non c’è qualità, le università devono avere maggior autonomia per cambiare, per creare più relazioni con i territori e partnernariati, fare nuovi corsi universitari in linea con le esigenze del mercato del lavoro.