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Il videogioco «made in Povo» per le persone autistiche

Quando si parla di disturbi dello spettro autistico, andare su un sentiero di montagna può essere sfidante quanto andare nello spazio. Come allenarsi? Con la realtà virtuale. Ecco il progetto della startup Meeva


Serena Torboli


TRENTO. Quando si parla di disturbi dello spettro autistico, andare su un sentiero di montagna o fare il biglietto in stazione può essere sfidante quanto andare nello spazio per salvare la Terra. Come allenarsi per arrivare alla meta? Con la realtà virtuale.

Nasce a Trento, infatti, il primo videogioco «dedicato». L’idea alla base di Meeva, la startup nata a Povo da uno spin off di FBK e finanziata da EIT Digital, è aiutare adolescenti con questo tipo di difficoltà a imparare a gestire il mondo reale giocando in quello virtuale, in un contesto protetto e monitorato.

Non solo, Meeva ha di recente ottenuto un contratto con Anffas Trentino, assieme all’altro partner tecnologico, Euleria Health, per il progetto di innovazione “CliTop” (Climb to the top) volto a preparare ragazzi con disturbi del neurosviluppo a vivere la montagna del Trentino con percorsi specifici e su sentieri accessibili.

Abbiamo incontrato Elio Salvatori, CEO e co-founder di Meeva, e Andrea Conti e Federico Menna, rispettivamente Ecosystem Lead per l’Italia e CEO di EIT Digital.

Come è nata Meeva e in che modo la realtà virtuale può avere un ruolo nelle terapie digitali?

(Salvatori) Meeva nasce all'interno delle attività di innovazione EIT Digital e di FBK con l’obiettivo di realizzare una piattaforma che migliori le competenze sociali di ragazzi con difficoltà relazionali. Da genitore di un ragazzo con autismo, durante il lockdown ho visto fermarsi tutte le attività dei percorsi psicoeducativi organizzati dai centri specialistici, e ho pensato subito alla realtà virtuale come supporto per garantire una forma di continuità in questi approcci terapeutici, anche da remoto.

Che cosa sono le terapie digitali?

(Salvatori) Si tratta di soluzioni tecnologiche, utilizzabili su smartphone, tablet, computer o su visori per la realtà virtuale, che nascono con l’obiettivo di diminuire l'utilizzo di terapie farmacologiche, che possono portare con sé effetti collaterali. Uno dei grandi vantaggi di utilizzare queste terapie nel campo dell’autismo, è poter esporre in maniera sicura le persone ai contesti realistici nei quali loro tendenzialmente hanno difficoltà: con questi sistemi è possibile, grazie alla realtà virtuale, inserire in maniera molto graduale tutti gli stimoli sensoriali, visivi o acustici.

Quali possono essere le applicazioni della realtà virtuale?

(Conti) In EIT Digital stanno nascendo molte applicazioni che sfruttano la realtà virtuale, soprattutto a scopo di apprendimento e simulazione di scenari pericolosi che è possibile replicare in contesti sicuri e con costi inferiori. Si pensi agli ambiti della sicurezza e della difesa.

E quale potrebbe essere l’applicazione in ambito terapeutico?

(Salvatori) Le terapie digitali potrebbero essere utilizzate a supporto delle attività che vengono già svolte in presenza dai terapisti dei centri specializzati, per insegnare ai ragazzi a gestire le relazioni con i loro pari. Si consideri che i centri sono pochi e con lunghe liste di attesa: con il nostro sistema si potrebbero automatizzare alcuni aspetti legati al setting, liberando alcune risorse che potrebbero essere utilizzate per raggiungere un numero maggiore di utenti.

Come avviene l’esperienza con il visore?

(Salvatori) Abbiamo pensato di utilizzare la realtà virtuale declinandola in un videogioco, quindi accattivante per un target di adolescenti o preadolescenti, con una serie di sfide da portare a termine. L'avventura li porta virtualmente in viaggio per un pianeta lontano: alla stazione devono comprare il biglietto, poi prendere una navicella, e sul pianeta devono recuperare un materiale che serve per salvare la terra. Nel gioco, ripercorriamo situazioni che per loro sono difficili da gestire, puntando su aspetti cooperativi e relazionali: i ragazzi possono superarle solo se collaborano. Ad esempio, in stazione devono acquistare il biglietto, ma guadagnano punti solo rispettando il turno correttamente.

Avete avuto già qualche feedback?

(Salvatori) Gli scenari sono stati costruiti con l'aiuto dei terapisti, ma abbiamo fatto testare ai ragazzi stessi i primi prototipi, accogliendo anche i loro suggerimenti: ci piace l’idea di realizzare una piattaforma che sia più inclusiva possibile da questo punto di vista. Alcuni ragazzi, ora maggiorenni, collaborano con noi per la parte di sviluppo informatico e sugli aspetti clinici. Nello staff è presente una psicologa clinica e collaboriamo strettamente con l’ODFLab, il laboratorio dell'Università di Trento, centro di riferimento per la diagnosi di autismo della professoressa Venuti.

Come è nata EIT Digital e qual è il rapporto con Meeva?

(Menna) Siamo parte dell'Istituto Europeo di Tecnologia e Innovazione, costituito con l'obiettivo di colmare il divario tra ricerca e mercato, e ci occupiamo di lancio di tecnologie innovative sul mercato. Abbiamo partnership con più di cinquanta organizzazioni, tra cui FBK e l'Università di Trento. Nei primi anni EIT Digital ha beneficiato dei finanziamenti della Commissione Europea, ma ora dobbiamo investire direttamente e generare un ritorno che consenta all'organizzazione di finanziarsi. Meeva è una delle start-up che abbiamo creato e di cui ora siamo azionisti.

Altri progetti o sperimentazioni per Meeva?

(Salvatori) Assieme ad Euleria Health, siamo coinvolti in un progetto di Anffas, denominato “CliTop - Climb to the top”, un percorso formativo che aiuta i ragazzi seguiti dai loro centri ad affrontare la montagna. Vogliamo riprodurre attraverso la realtà virtuale alcuni sentieri del Trentino. In questo modo, quando poi i ragazzi lo percorreranno nella realtà saranno molto più preparati, e avranno meno difficoltà a gestire le situazioni reali.

 













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