Il Vescovo: «Più flessibilità per assumere facilmente»
L’appello di Bressan alla presentazione del nuovo progetto della Caritas che trova lavoro a chi lo ha perso ed è finanziato con il fondo dell’8 per mille
TRENTO. La richiesta di maggior flessibilità legislativa che permetta di assumere più liberamente arriva dal vescovo Bressan. «Volete un esempio? Il raccoglitore di mele. Se è un parente che magari lo si vede solo in quell'occasione, lo si può assumere. Se invece si tratta di un vicino col quale c'è un rapporto quotidiano, no. In questo modo si favorisce il lavoro nero». Si tratta di una considerazione, maturata sul campo, quella del lavoro. Perché col progetto «Ridare Speranza», la Caritas trentina in collaborazione con la la fondazione Carità Sociale, ha trovato in sei mesi, un occupazione per otto persone. Il progetto fortemente voluto dal vescovo, è stato finanziato con 50mila euro (finora ne sono stati spesi 22mila), prelevato dal fondo «8 per mille per la Diocesi», ma ha dovuto affrontare alcune difficoltà normative. Le parrocchie, ad esempio, non possono assumere direttamente e le possibilità si limitano alla sola Caritas: «Un’assurdità, quando si cerca di trovare sbocchi lavorativi, in tempi di crisi» ha sottolineato il Vescovo. La formula dell'assunzione è quella del «lavoro in somministrazione» introdotta dalla legge Biagi. La Fcs si avvale della collaborazione di un agenzia interinale, che si accolla tutti gli onori dell'assunzione e che colloca i lavoratori nelle aziende. Sono state 15 (8 italiani e 7 stranieri) le persone che hanno superato i corsi di avviamento al lavoro che nei sei mesi di attualizzazione del progetto, hanno lavorato per 965 ore totali. Positivi anche i riscontri: un uomo, dopo il primo periodo, è stato assunto a tempo indeterminato. Una donna, invece, ha trovato occupazione come badante; un altro è stato selezionato per i corsi provinciali remunerati per ottenere il patentino di saldatore. C'è poi chi con i primi stipendi, si ha rifatto la patente o chi ha affittato una casa. Dei selezionati, solo due, hanno avuto un insufficiente valutazione. La maggior presenza di lavoratori l'ha avuta la Cedas ( Centro di Ascolto e Solidarietà), il negozio Altr'Uso di Trento, «Il sentiero» ed il dormitorio Bonomelli. Si tratta di impiegati ed operai, assunti per mansioni tecnico manuali non coperte da altri lavoratori e l'età media è dai 30 ai 45 anni.
Gli operatori hanno poi spiegato nel dettaglio l'attuazione del progetto, destinato a persone già conosciute nel mondo Caritas. Ci sono stati dei colloqui attitudinali, superati i quali le persone selezionate, sono state aiutate a compilare il proprio curriculum e ad aprire una casella e-mail. Individuate le attitudini, è iniziata la fase della ricerca del lavoro ed una volta individuato il candidato, lo si affianca in un percorso di che lo aiuta ad accettare regole ed obblighi. «Si tratta prima di tutto di ridare dignità a persone che l'hanno persa. Spesso la situazione di bisogno, si trasforma in un'occasione per conoscere persone nuove o anche per conoscere meglio se stessi. Non siamo – ha sottolineato il direttore della Caritas trentina Calzà – un'agenzia di collocamento, ma siamo disponibili ad avviare un'azione mirata a trovare un'occupazione ed a rimotivare persone, che sono scivolate ai margini».
©RIPRODUZIONE RISERVATA