Il dna sull'ultima cena delle zecche
Studio della Fondazione Mach: gli insetti prendono di mira soprattutto roditori, cani e uccelli
TRENTO. Le zecche si cibano una volta all’anno durante le tre fasi della loro vita: quella di larva, di ninfa e di insetto adulto. Gli studiosi della Fondazione Mach, in collaborazione con l’Università degli studi di Milano e l’Istituto nazionale di ricerca agricola francese (Inra), nell’ambito del progetto EDENext finanziato dall’Unione Europea, sono riusciti, attraverso lo screening molecolare su oltre un migliaio di artropodi, a capire che cosa avesse mangiato il parassita nella sua ultima cena.
Scoprire da quale animale “ospite” la zecca abbia succhiato l’ultima goccia di sangue è fondamentale per studiare il diffondersi delle principali patologie: la malattia di Lyme, l’encefalite della zecca e l’anaplasmosi. Gli scienziati hanno raccolto un migliaio di parassiti con il metodo del blanket dragging, ovvero trascinando in trenta prati trentini un tessuto al quale le zecche in stato di ninfa si attaccano. Il campione è stato poi analizzato in laboratorio con il metodo genetico Hrma (High resolution melting analysis). La maggior parte del Dna è risultato appartenere ai roditori e ai cani (circa il 20%), agli uccelli (15%), agli ovicaprini (7%) e in forma residuale a ungulati e bovini.
Gli esiti delle analisi saranno utili per sviluppare modelli che aiutino a prevenire l’andamento delle malattie. Infatti, conoscendo le modalità di dispersione della specie in un determinato lasso di tempo, e avendo a disposizione l’ultima cena della zecca, gli esperti potranno stimare con più precisione come si diffondono gli esemplari infetti e studiare nuovi metodi di prevenzione. Il lavoro degli scienziati di San Michele all’Adige è stato recentemente premiato durante il convegno internazionale Geri sulle malattie zoonotiche emergenti ospitato a Candia, sull’isola di Creta.