«I senza tetto non sono un’emergenza»
L’assessore al sociale della Comunità, Tamanini: «Solo tre persone dormono nella struttura, ma non si tratta di “barboni”»
PERGINE. «In Alta Valsugana non esiste l’emergenza freddo nei termini come sta avvenendo a Trento o a Rovereto». L’affermazione è dell’assessore Linda Tamanini (competente sul settore servizi sociali della Comunità Alta Valsugana e Bersntol) e si inserisce nel discorso dei “pasti caldi e un letto per dormire” riguardante l’iniziativa avviata qualche giorno fa di concerto tra l’Amministrazione comunale di Pergine e la casa di riposo S. Spirito.
«Ci risultano tre persone che dormono nella struttura messa a disposizione fino alla fine di marzo - aggiunge l’assessore della Comunità di valle - ma non sono persone che rientrano nella categoria degli assistiti tipo “opera Bonomelli” o simili, di Trento. Sono sostanzialmente casi particolari, non persone quindi che solo la stagione invernale non consente loro di dormire sotto i ponti o su una panchina o alla stazione. Individuare quindi questi soggetti come rientranti nell’emergenza freddo non è quindi il caso».
Prestando quindi attenzione a queste affermazioni il progetto, fortunatamente, sembra dover rientrare o almeno essere ridimensionato e non essere considerato alla stregua di altre realtà. Segno che determinate situazioni non sono ancora emerse nell’ambito dell’Alta Valsugana e di Pergine in particolare. In sostanza, sembra trattarsi quindi di necessità contingenti, di persone che non rientrano nella categoria dei “barboni” o dei “senzatetto”. Casi del genere, a Pergine e in Alta Valsugana non si verificano a sentire l’assessore Tamanini.
Ed è tutto sommato, un fortuna. «Semmai - aggiunge - si devono considerare quelle persone che sole o con famiglie si sono viste raggiungere da sfratto. Sotto questo aspetto sì che si può parlare di vera e propria emergenza. Ma in questo caso, l’iter è di tutt’altro genere; simili situazioni percorrono tutt’altra strada dal punto di vista della burocrazia e dell’assistenza».
Diverso il discorso relativo ai “pasti caldi”. Le necessità in merito a questo aspetto sono evidentemente maggiori e riguardano una pluralità di persone che hanno perso il lavoro, o non ce la fanno a raggiungere la fine del mese, e in sostanza, non hanno soldi per acquistare per sé e per la famiglia, prodotti alimentari. «Ma anche questi, seguono strade precise nel settore dell’assistenza - afferma Linda Tamanini - e anche per loro non si può parlare di emergenza freddo, ma di soggetti che si trovano in difficoltà contingente e per cause ben precise, e per loro le strutture assistenziali ci sono. Anche loro non possono essere definiti “senzatetto” o “barboni” e allora pare inutile pensare a realizzare una struttura permanente ad adibire a questa funzione. Non si farebbe altro che provocare la domanda e sarebbe uno spreco».
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