Guide alpine, le donne vogliono la parità
Il primo meeting ad Arco. La tre giorni di lavoro promossa da “Donne di montagna” fra le selezioni e la pedagogia delle “quote rosa” La testimonianza della trentina Marika Favè: «Gli stereotipi c’erano anche per diventare maestre di sci, ma oggi siamo le più richieste»
Trento. La prima Guida Alpina donna italiana fu Renata Rossi della Val Chiavenna nel 1984, la seconda passò le selezioni nel 2013, attualmente sono 16 (il 2 per cento) su un totale di 1129 Guide Alpine in Italia. Perché così poche e cresciute numericamente pochissimo in 35 anni? A queste domande ha cercato di rispondere ieri pomeriggio ad Arco al Cantiere 26 il primo meeting di Guide Alpine donna. Una convention di tre giorni con una scalata in falesia ieri mattina tra professioniste arrivate da Lombardia, Veneto, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, una tavola rotonda appunto ieri pomeriggio ad Arco e un workshop oggi alle 9.30, il Women Climbing Day alla Falesia di Massone di Arco.
Il Meeting promosso dal sito “Donne di Montagna” ha avuto una coordinatrice d’eccezione: Anna Torretta, Guida Alpina, valentissima alpinista, architetta, mamma ed oggi anche neo autrice del volume “La montagna che non c’è”. Aprendo la tavola rotonda Torretta lancia il tema dirimente della serata rivolto principalmente al presidente del Collegio Nazionale delle Guide Alpine Pietro Giglio: «In Francia le selezioni si fanno per merito, non in base al fisico come in Italia, anche se il numero di donne professioniste non cresce nemmeno al di là delle Alpi». Giglio raccoglie il guanto di sfida illustrando la situazione a livello normativo: la legge nazionale 6 dell’89 a livello e le 14 normative regionali e provinciali da superare per introdurre le “quote rosa” (termine sempre indigesto alle donne stesse, peraltro quando si parla di rappresentanza). «Le Guide Alpine donna non si sono mai candidate nei collegi nazionali e regionali, per cambiare le cose bisogna entrare dove si decide».
Giulia Venturelli giovane Guida Alpina di Brescia ha passato le selezioni a 24 anni «Per raggiungere quel traguardo – ha confessato – per me è stato decisivo un amico alpinista che mi ha portato a 17 anni a fare cose che da sola non avrei mai pensato di fare. A quel punto il mio sogno era molto più vicino».
Marika Favé unica Guida Alpina trentina sottolinea il fatto che le Guide Alpine donne rimarranno comunque una minoranza «gli stereotipi c’erano anche per diventare maestre di sci – osserva- oggi siamo le più richieste». Antonella Bellutti due volte campionessa olimpica di ciclismo su pista si occupa molto di Pari Opportunità con l’associazione Assist e non ha dubbi «Bisogna arrivare alla rappresentatività. Voi ora siete espressione pura del vostro talento – argomenta rivolta alle amiche Guide Alpine – ma non c’è nessuno dietro di voi. Noi con Assist siamo alla tolleranza zero nei confronti degli stereotipi della donna maschiaccio, mascolina, poco femminile. Le quote rosa? All’inizio servono per fare pedagogia».
Per Marta Bonomi accompagnatrice di territorio in Trentino la situazione non è così disperante, nel direttivo del collegio provinciale Guide Alpine siedono tre accompagnatrici di media montagna. Se invece si guarda alla percentuale di donne in Sat, dalla parità siamo ancora lontani come riferisce la vice presidente Elena Guella, su 27.000 soci le donne sono il 40%, 14 presidenti di sezione su 87, 4 conduttrici di rifugio. «Una presidente donna però ha fatto la differenza, ora non c’è “il presidente” ma un ufficio di presidenza di tre persone con eguale mandato di rappresentanza».
Secondo la Pro rettrice Barbara Poggio i pregiudizi nelle professioni a rischio sono sempre stati fortissimi nei confronti delle donne e dunque occorre fare rete e utilizzare i famosi “modelli di ruolo”, visibilità in soldoni, sui media e con eventi dedicati.