Gubert e Tarolli rilanciano il partito dei cattolici

Gli ex parlamentari chiamano a raccolta e evocano Dellai: «Superare le divisioni». Angeli: «Sono ancora un democristiano». In sala anche Borga, Viola e Giovanazzi


di Paolo Piffer


TRENTO. Si ispirano a Degasperi, don Sturzo e Moro. Per rifare l’unità dei cattolici in politica dopo la cancellazione della Dc negli anni Novanta a seguito della deflagrazione provocata da tangentopoli. Un progetto nazionale, al quale non sarebbe estraneo anche l’ex governatore e ora onorevole Lorenzo Dellai, che ha le sue propaggini provinciali. Perché ieri sera nella sala rosa della Regione erano oltre una sessantina, se non di più, gli ex democristiani, e non, chiamati a raccolta dagli ex senatori Renzo Gubert e Ivo Tarolli per l’assemblea regionale della Federazione dei popolari italiani nel Ppe in vista del patto federativo nazionale tra varie realtà di movimento e associative previsto per sabato e domenica prossimi a Roma. In sala parecchi i volti noti. Tra questi, sempre che non ce ne sia sfuggito qualcuno, l’ex presidente della Provincia Pierluigi Angeli (“sono ancora un democristiano”, ha detto), i consiglieri provinciali Nerio Giovanazzi (Amministrare il Trentino), Walter Viola (Progetto Trentino) e Rodolfo Borga (Civica trentina). Ma pure la presidente di Trentinosolidale Francesca Ferrari e l’ex consigliere comunale Giuseppe Frattin. Evocati da Gubert anche i nomi di Dellai, dei già consiglieri provinciali Pino Morandini e Franca Penasa, dell’attuale Pietro De Godenz (Upt) e di Paolo Cavagnoli, presidente dell’Associazione provinciale per i minori. Dopo l’introduzione teologica e filosofica di don Bruno Tomasi, rettore dell’Arcivescovile, che ha ribadito le buone ragioni per cui un cattolico è chiamato all’impegno politico “per il bene comune”, Tarolli è partito in quarta. «Milioni di italiani ci chiedono di impegnarci in politica nel solco del cattolicesimo popolare che si ispira alla dottrina sociale della Chiesa e all’economia sociale di mercato. La nostra cultura non è sconfitta, nella società ci siamo e il fatto che non siamo presenti unitariamente in parlamento è una perdita per tutti». «Casini e Riccardi, e i tentativi fatti a Todi per l’unità dei cattolici, ci hanno consegnato solo macerie. Se noi stiamo assieme – ha proseguito – non ce n’è per nessuno, ci vogliono coraggio, generosità ed entusiasmo per ricominciare superando le divisioni e costruendo qualcosa di nuovo che non sia un partito del leader né mediatico. E per l’Italia ci vuole un Piano Marshall da 100 miliardi di euro».

Dal canto suo, Gubert ha tracciato alcuni punti programmatici del futuro, se mai nascerà, partito dei cattolici. Partendo da un assunto: «Né riformismo come ideologia né conservazione ma gestione evolutiva nel solco del popolarismo». In sintesi: «Centralità della dottrina sociale della Chiesa, sottrazione della politica economica alla centralità della finanza, nuova legge elettorale per scegliere persone e non liste, politica del lavoro keynesiana, snellimento della macchina pubblica, riduzione dei tempi della giustizia, Europa come comunità fraterna di popoli solidali, riforma dell’Onu».

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