Gli ambientalisti: «L'orso Dino logo delle Dolomiti Unesco»
Mountain Wilderness lo propone come simbolo delle montagne al posto dei monti-grattacielo
BELLUNO. L'orso Dino come logo delle Dolomiti dell'Unesco. La proposta è di Mountain Wilderness, condivisa anche da larghi settori della Cipra. «Dino rappresenta la naturalità delle nostre montagne e la continuità delle culture attraversate da questo nostro caro amico», sostiene Luigi Casanova, portavoce di Mountain Wilderness.
«Le Dolomiti stilizzate nel logo della Fondazione sono la brutta icona dei grattacieli di New York, che nulla hanno a che vedere con il nostro patrimonio». MW coglie la palla al balzo lanciata da Giampaolo Bottacin, presidente della Provincia, affinché la Slovenia restituisca Dino, dopo opportuno trattamento, in modo da poterlo esorre in un museo, affinché diventi meta di visite e di lezioni. Vittorio De Savorgnani, esponente della stessa organizzazione, condivide l'idea, ma va oltre.
«Il presidente Bottacin non si limiti a quest'iniziativa, ma proponga alla Fondazione Unersco di cambiare il logo e di inserire l'orso Dino nel suo simbolo». La proposta sarà formalizzata nei prossimi giorni. Mountain Wilderness a metà degli anni'90 compì un'attraversata delle montagna sulle orme degli orsi, dalla Slovenia alle Dolomiti del Brenta. Quel percorso è sostanzialmente lo stesso che ha compiuto Dino, arrivando fino all'altopiano di Asiago e poi ritornando a casa. «Noi allora come Dino oggi abbiamo attraversato forme diverse di montagna, comunità diverse nalla loro specificità, ma tutte legate bda un filo rosso: il rispetto della natura e di chi la abita, uomo o animale che sia. La fondazione Unesco - insiste Casanova, parlando anche a nome di Cipra, reduce da un anno dedicato ai valori della biodiversità - non potrebbe trovare simbologia più puntuale per rappresentare il meglio delle Dolomiti».
Ecco perché viene condivisa, fra gli ambientalisti, l'idea di Bottacin di portare nel Bellunese l'orso ucciso e di creargli intorno un laboratorio di approfondimento, di studi legati anche ai luoghi attraversati. Quanto alla sua morte e alla possibile concausa del collare, con l'ipotesi che Dino si sia fatto del male cercando di liberarsene, le opinioni all'interno del mondo ambientalisti tendono a diversificarsi. De Savorgnani sostieene, ad esempio, che bisognerebbe trovare altre forme di controllo diverse dal collare e che, comunque, va bandita ogni forma, anche la più leggera, di "cattività". Casanova, invece, difende il collare (seppur applicaandolo nel modo più soft), anche perché in questo caso ha consentito accertamenti scientifici di straordinaria portata, ad esempio sul letargo del plantigrado, sugli itinerari percorsi, sull'alimentazione ed altri aspetti fino ad oggi sconosciuti.