Gli allevatori trentini contro gli orsi: «Sono troppi»
Animali sbranati e malghe costrette a rinunciare all’alpeggio a causa dei danni provocati dall’orso. A lanciare l’allarme è la federazione provinciale degli allevatori trentini
TRENTO. Animali sbranati e malghe costrette a rinunciare all’alpeggio a causa dei danni provocati dall’orso. A lanciare l’allarme, la federazione provinciale degli allevatori trentini, che a Malga Poz in val di Sole, ha fatto il bilancio dell’attività. E ha detto basta alle scorribande del plantigrado, chiamando in causa la Provincia. «L’orso sta diventando un grosso problema - ha detto il presidente Silvano Rauzi - ci sono malghe che hanno dovuto smonticare. L’aumento è esponenziale, gli orsi hanno una vita lunga, sono prolifici, non sono soggetti a bracconaggio. Se prima erano in cinque e adesso sono in cinquanta. In breve saranno duecento». Alla richiesta di rivedere il progetto Life Ursus, il presidente della Provincia Lorenzo Dellai ha risposto così: «Bisogna stabilire qual è il limite massimo oltre il quale un certo numero di esemplari crea problemi alle popolazioni che vivono e lavorano nelle nostre montagne. Abbiamo chiesto a Bruxelles e al ministero dell’Ambiente, che sono i referenti del progetto, di sedersi attorno ad un tavolo e di rivedere le linee del progetto, perché l’accettazione sociale dell’animale, pur essendo importante dal punto di vista naturalistico, andando avanti di questo passo calerà».
Gli allevatori trentini si sono definiti preoccupati anche per il costo dei cereali, che continua a salire e che potrebbe pregiudicare l’approvvigionamento di cibo per il bestiame. Tra le esigenze manifestate, anche quella di potenziare la sinergia da con i ristoratori, gli operatori turistici, per promuovere i prodotti del territorio e i luoghi di produzione come i caseifici e le malghe. «Tanto è già stato fatto in questo ambito- ha concluso Rauzi - ma tanto ancora si deve fare».
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