Forti trentini, candidatura all’Unesco
Fanno parte delle fortificazioni austroungariche: 80 in provincia, 29 scelti per la loro particolarità
TRENTO. Uno dei campi di maggior intervento del “Progetto Grande Guerra”, ha riguardato il recupero e la valorizzazione delle fortificazioni austro-ungariche, intrapreso dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e archeologici che ha realizzato lo studio sul sistema fortificatorio trentino nell'ambito dell'Impero austro-ungarico. «La presenza diffusa nella nostra provincia di forti realizzati tra l’800 e il ‘900, costituisce il principale elemento dell’identità del sistema storico-culturale del territorio - sostiene l'assessore alla cultura Franco Panizza -. Il patrimonio fortificato trentino- prosegue Panizza - presenta caratteri e peculiarità culturali ed architettoniche che lo rendono integrato con i caratteri morfologici dell’ambiente naturale, e rappresenta un modello di particolare interesse ed unicità. Per questo il Trentino può svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere sia la costituzione della rete delle fortificazioni austro-ungariche, che di una più vasta rete dove le fortificazioni, concepite come barriere tra nazioni e popoli, possano diventare luoghi di collaborazione e di pace». Ilprimo passo formale per richiedere la candidatura Unesco è stato nel gennaio 2012, e per la “Lista propositiva italiana” del sistema difensivo europeo degli Asburgo la Soprintendenza per i Beni architettonici ha predisposto la documentazione per la presentazione al Ministero per i Beni culturali della proposta del Sistema Fortificato trentino.
Nei 10 paesi considerati (Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Ucraina), 32 sistemi difensivi schedati, con un totale di 516 forti catalogati (193 in Italia e 323 in Europa), di cui 80 in Trentino. Di questi ottanta ne sono stati selezionati 29. A partire dal 1860 nelle valli periferiche del Trentino e intorno al capoluogo si realizzarono una quindicina di forti. Quelli di prima generazione, opere con murature frontali in pietra, in grado di resistere alle artiglierie che all'epoca utilizzavano proietti sferici, in uso fino ai primi anni del 1860. In pochi anni i progressi delle artiglierie li resero inadeguati. Intorno al 1880 iniziò una nuova fase: i forti di seconda generazione, sulle sommità di alture, erano postazioni protette per artiglierie all'aperto. Divennero obsoleti quando furono perfezionati i proietti a frammentazione prestabilita ("shrapnel"). I forti di terza generazione, attorno al 1890, avevano spesse muratore in pietra e copertura in calcestruzzo, con armamenti in casematte corazzate. Agli inizi del Novecento la quarta generazione: forti sotto terra e in roccia, con corazzature in cemento armato rinforzate da putrelle in acciaio e artiglierie in cupole corazzate girevoli. Infine, fra il 1914 e il 1915, la quinta: forti interamente in roccia, con le bocche di fuoco che affioravano in superficie.