Flop ciclobox: «per chi sono?»
Il Comune spinge per la «ciclabilità»: nuove piste e soluzioni per la mobilità alternativa. Ma questa volta non è andata proprio bene
TRENTO. Sono stati lanciati lo scorso agosto, ma i primi mesi di attività dei sette nuovi ciclobox, le strutture coperte e videosorvegliate pensate come rifugio sicuro per le biciclette dei ciclisti trentini, non hanno dato i frutti sperati: su 157 posti a disposizione, sono solo una ventina gli utenti fissi.
Lunedì 14 novembre, il Comune di Trento ha dunque annunciato il taglio dei costi d'utilizzo: tariffe ridotte del 50% per l'accesso giornaliero, del 70% per gli abbonamenti mensili e annuali.
Ma i ciclisti, i diretti interessati, assicurano che non è solo un problema di prezzi: sono poco intuitivi - a colpo d'occhio non si capisce a cosa servano -, non sono stati pubblicizzati a sufficienza e, soprattutto, sono da ricollocare.
«Il quesito da cui dovremmo partire è: A chi si rivolgono? - spiega Massimo Pegoretti, pendolare Trento-Bolzano e storico socio Fiab, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta - ai pendolari extraurbani? Ai turisti? Ai residenti? In questo caso è mancata la definizione di uno specifico target d'utenza».
Uno degli obbiettivi era di alleggerire il traffico motorizzato, fornendo ai lavoratori che scendono a fondovalle un punto d'appoggio dove ritrovare la propria bici al mattino e dove lasciarla la sera prima di riprendere l'automobile. «Prendiamo ad esempio il ciclobox in Piazzale Sanseverino - prosegue Pegoretti - un pendolare non lascia certo l'automobile in un posteggio a disco orario da due ore: qual'è dunque la destinazione d'uso di quel ciclobox?».
Poco lontano, in Via Canestrini, c'è quello dell'area ex-Sit: «Quella zona è frequentata dai viaggiatori in corriera, che spesso però si muovono con bagagli e quindi non di certo in bici».
Che dire invece di Piedicastello? «In un sobborgo storico con case antiche e scarsa disponibilità di posti bici si potrebbe lavorare con i residenti. In ogni caso sono progettualità da pensare prima».
Ma il nodo principale resta la stazione ferroviaria. La storica rimessa in Via Dogana è ritenuta insicura e inadatta alle moderne e-bike, sempre più diffuse nel “bike-to-work” ma altrettanto amate dai ladri. «Sia il parcheggio della stazione che quello dell'area ex Zuffo sono ormai inaffidabili dal punto di vista della sicurezza» incalza Pegoretti. Ed è proprio qui che i ciclobox, con l'autenticazione via app per accedere, potrebbero offrire maggiori garanzie. «Una collocazione ottimale sarebbe nel parcheggio dietro il palazzo della Provincia tra Via Vannetti e Via Romagnosi - propone ancora Pegoretti - è un "polo attrattore" in quanto zona ad alta densità di uffici, con numerosi dipendenti pubblici. È inoltre un'area ad alta intermodalità, dove si incontrano diverse forme di trasporto. Due fattori imprescindibili, a mio parere, per ogni ciclobox» conclude.
Più attendista Daniela Baraldi, presidente Fiab, che nel frattempo accoglie favorevolmente l’introduzione delle “case avanzate”, le aree riservate ai ciclisti in attesa del verde ai semafori, che ora sosteranno davanti alle automobili in fila. Già diffuse in diverse città europee, a Trento per ora sono state introdotte tra Viale Rovereto e Via dei Mille e tra Via Petrarca e Via Romagnosi. «Per noi ciclisti hanno una doppia valenza - spiega Baraldi - da una parte aumentano la sicurezza, riducendo gli incidenti agli incroci. Dall’altra, ci rendono fisicamente visibili, trasmettendo il messaggio simbolico che la strada non è un ambiente a solo appannaggio dei mezzi a motore».