Finti magnati russi per truffare albergatori: 8 in cella

Maxi operazione della squadra mobile fra Trento e Brescia Sequestrate ville e auto per un valore di otto milioni di euro



TRENTO. Si presentavano come magnati russi o degli Emirati arabi. Arrivavano a bordo di Bentley e Porsche e per pagare i pranzi che offrivano non usavano la carta di credito, ma rotoli di banconote da 500 euro. Insomma una ricchezza che più ostentata non si può. E finalizzata alla truffa. La maxi operazione partita da un lavoro della squadra mobile di Trento e approdata alla procura e alla mobile di Brescia, si è chiusa con sette arresti, una ventina di denunce e otto milioni di beni (si parla di ville e macchine extralusso) sequestrati.

Loro, gli arrestati, sono una famiglia di sinti che ha le radici a Rovereto visto che qui è nato Antonio Bradic - detto Derrick e da lui ha preso nome l’operazione - per poi spostarsi sul lato bresciano del lago di Garda. Dai dati raccolti dalla polizia, pare che la famiglia lavorasse sulle truffe da diversi anni e che sugli inganni avesse costruito un impero che vale milioni di euro.

Per capire come facessero ad ingannare albergatori e commercianti fra Trentino, Alto Adige, Veneto e Sardegna, è molto utile il racconto dell’imprenditore della val di Sole che è riuscito a salvarsi dalla truffa. Alcuni mesi fa l’imprenditore aveva messo in vendita un albergo a Marilleva con un prezzo attorno ai 2 milioni di euro. Fra gli interessati all’acquisto, c’erano anche alcuni «magnati russi» che si sono presentati in val di Sole con macchinoni di lusso il cui prezzo, da solo, avrebbe potuto coprire l’acconto per concludere l’affare. Pronti a spendere, hanno spiegato al trentino di volere investire in Italia e che il ramo alberghiero era per loro molto interessante. Ci sono stati pranzi pagati con banconote da 500 euro e tanto lusso ostentato. Soprattutto, questi misteriosi acquirenti sarebbero stati pronti a pagare di più per l’albergo rispetto al prezzo indicato. Insomma degli acquirenti perfetti. Certo chiedevano un po’ di disponibilità al pagamento in nero di una parte dell’importo ma questo, probabilmente, era solo per sondare se chi avevano davanti aveva del denaro da ripulire. Sì perché la seconda parte della truffa poteva essere interessante per chi aveva qualcosa da nascondere. Entravano in scena i franchi svizzeri che i «russi» dovevano cambiare ma senza ricorrere alle banche. Ecco quindi la proposta: il valore del denaro svizzero è di 200 mila euro. Tu me ne dai 160 e gli altri te li tieni tu per il disturbo. Il giochetto in Trentino non ha trovato «clienti». L’imprenditore alberghiero si è tirato subito indietro e così hanno fatto altri due che erano stati contattati nel medesimo modo nel capoluogo. Ma il racconto di quanto è successo è arrivato alle orecchie della polizia (la mobile coordinata da Roberto Giacomelli e in particolare lo Sco dell’ispettore superiore Marco Spagnolli) che ha iniziato a lavorare.

Il gruppo, nel frattempo, si sposta in Alto Adige e raggira tre imprenditori. Uno cede alle lusinghe del denaro e in un attimo perde 150 mila euro. Sì perché i famosi franchi svizzeri altro non erano che fac simile e quindi carta straccia. E se qualcuno, una volta scoperto l’inganno, reagiva, scattavano le botte.

In cella sono finiti Antonio Braidic, 53 anni, detto “Derrick” ed il figlio Giovanni, classe 1989. Roberta e Loredana Braidic, Marco Braidic, detto “Dimitri” (insieme ad Antonio era a capo della banda), Carlo Caldaras e Salvatore Ferreri, trovato in possesso di una pistola con matricola abrasa. L'ottavo è Romeo Dorovic.

Per tutti l’accusa è l’associazione a delinquere finalizzata alle truffe, furti e rapine. Fra i venti indagati ci sono anche tre «regionali» di tratta di due uomini (uno residente a Rovereto) e di una donna che in qualche modo erano legati alla famiglia Braidic e che avevano un ruolo territoriale. Sarebbero stati loro incaricati di tenere sotto controllo il mercato in zona per poter segnalare (attraverso gli annuncia di vendita di alberghi, negozi o macchinoni) le possibili vittime della truffa. Mentre fra bresciano e Veneto scattavano così gli arresti, a Rovereto, Bolzano e Bressanone partivano le perquisizioni. Ora tutto il materiale sarà vagliato attentamente per cercare altri elementi che possano essere utili alle indagini.

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