E ora Grisenti rischia l’«espulsione» da Progetto Trentino
Se condannato in via definitiva, non potrebbe essere socio Il Ncd chiede le dimissioni. Ma Dorigoni: «Non se ne parla»
TRENTO. «Per rispetto alla gente trentina, Grisenti si dimetta da un ruolo legislativo fulcro della nostra autonomia, che non è degno di coprire». All’indomani della condanna in appello di Silvano Grisenti a 12 mesi (per truffa, corruzione propria e violenza privata), l’unica richiesta formale di dimissioni arriva dal Nuovo Centrodestra, per bocca della coordinatrice regionale Franca Penasa, per «i conclamati gravi reati perpetrati da Grisenti al tempo in cui ricopriva un importantissimo ruolo nel governo della nostra Autonomia». «La sua campagna elettorale - incalza Penasa - è stata condotta con messaggi di moralizzazione della pubblica amministrazione». Tra i partiti presenti in consiglio provinciale il giudizio severo del Pd («Il consiglio dev’essere espressione di uno stile diverso») e del M5S («È stato condannato un sistema politico, quello di Dellai, che Grisenti ha interpretato e noi abbiamo denunciato, nessuno dei 5 Stelle potrebbe rimanere in consiglio se condannato») non sembra preludere a richieste ufficiali di dimissioni.
Il diretto interessato ha già detto di non pensarci, convinto di poter affermare la propria innocenza in Cassazione. E Progetto Trentino, il suo partito, difende a spada tratta il suo uomo simbolo. «Le dimissioni? Non se ne parla nemmeno», liquida la questione il presidente Mauro Dorigoni. Il direttivo è convocato per metà della prossima settimana, «ma sono convinto che tutti saranno di questa linea», assicura Dorigoni, «conoscendo la persona in tutti questi anni in cui abbiamo lavorato assieme». «Il nostro codice etico è racchiuso nel nostro Statuto che prevede una serie di valori e di principi in cui tutti, rappresentanti del direttivo e consiglieri, ci riconosciamo».
Ma è proprio stando allo statuto di Progetto Trentino che Grisenti, se la condanna sarà confermata in Cassazione (ricordiamo che nel caso della truffa la Corte d’appello doveva solo ricalcolare la pena, ndr), rischia l’espulsione. Recita infatti l’articolo 10: «Lo status di socio può venir meno per «interdizione, inabilitazione o condanna per reati comuni in genere, ad eccezione di quelli di natura colposa, per condotta contraria alle leggi e all’ordine pubblico». Sul futuro, il presidente di Progetto Trentino si limita a queste parole: «Vedremo cosa succede, lo stesso Grisenti farà le sue valutazioni se la sentenza dovesse essere confermata in Cassazione. È talmente una persona onesta e corretta che non metterebbe in imbarazzo il partito se dovesse essere condannato in via definitiva, cosa che io non credo perché siamo di fronte a sentenze che vanno in direzioni opposte, due favorevoli e due contrarie». E la condanna per truffa, per i tre pranzi con i colleghi della Margherita pagati da Grisenti con la carta di credito dell’A22 (totale 900 euro)? «Se uno vuole arrampicarsi sui vetri lo può fare. Rendiamoci conto che parliamo di una condanna per truffa assolutamente marginale sia nell’importo che nel fatto in sè, di una cena di un importo estremamente limitato. Sarebbe meglio buttare l’occhio da tutt’altra parte se vogliamo parlare di truffa ai danni dei cittadini». (ch.be.)