Donne all’attacco: «62 Comuni maschilisti»
Denuncia bipartisan contro le amministrazioni senza rappresentanza femminile
Dalla Cogo alla Froner, passando per la Povoli di Forza Italia hanno scritto ai sindaci chiedendo di rispettare la Costituzione. Nella lista dei «cattivi» Rovereto e Malè
TRENTO. Un’alleanza bipartisan tutta rosa. Le donne in politica si sono messe d’accordo e hanno scritto ai 62 comuni del Trentino che non hanno assessori donna chiedendo per quale motivo non hanno applicato la legge regionale che prevede l’obbligo di avere donne in giunta. Hanno firmato donne di tutti i partiti: Margherita Cogo Iva Berasi, Marta Dalmaso, Claudia Povoli, Aida Ruffini, Roberta Calza, Fabrizia Bort, Angela Varner, Gabriella Maffioletti, Elisa Bellè, Laura Froner, Chiara Casagranda, Giovanna Fadanelli, Serena Torboli, Lucia Gatti, Gianna Bogni, Sara Ferrari e Wanda Chiodi.
«Il fatto è che ciurlano nel manico». La vicepresidente della giunta provinciale Margherita Cogo è proprio arrabbiata. Ce l’ha con i comuni che non hanno donne nella stanza dei bottoni: «C’è una legge regionale che prevede quest’obbligo, ma non viene applicata. Ci sono comuni importanti che non lo fanno. Il primo è Rovereto». La lettera usa toni ancora più duri: «Noi donne attive in politica diciamo che è una situazione insostenibile, sia perché è evidente la limitazione nella capacità di interpretare e comprendere la propria realtà da parte di un organo decisionale privo di rappresentanza femminile, sia per il disinteresse per le norme che garantiscono un’adeguata rappresentanza di genere».
La Cogo spiega anche che ci sono così tanti comuni che non applicano la legge perché non è prevista nessuna sanzione: «La legge regionale 7 del 2004 prevede l’obbligo di avere donne in giunta, ma non prevede nessuna conseguenza se non viene rispettata. Così tutti fanno quello che vogliono con la scusa che ancora non c’è lo statuto del Comune».
Per cercare di convincere gli amministratori comunali, le donne trentine in politica hanno citato una raccomandazione del Consiglio europeo, lo Statuto di autonomia e la Costituzione. Nella missiva è stato ricordato che l’articolo 51 della Carta fondamentale dello Stato prevede che «Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». Queste indicazioni dalla legge regionale numero 7 del 2004 secondo la quale «In ciascuna lista di candidati nessuno dei due generi deve essere rappresentato in misura superiore ai due terzi del numero massimo di candidati spettanti». L’obbligo della presenza femminile è previsto facendo rinviando allo statuto comunale: «Lo statuto deve stabilire norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna e un’adeguata presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune, nonché degli enti, aziende e istituzioni da esso dipendenti».
Insomma, secondo le donne, i 62 comuni che non hanno neanche una donna in giunta violano non soltanto la legge regionale, ma anche la Costituzione. Secondo loro i comuni in questione non hanno alcuna scusante. «Molti di loro - spiega la Cogo - non possono neache accampare la scusa che la giunta è stata forma prima della legge perché ci sono stati frequenti rimpasti come a Nago Torbole. Il fatto è che ciurlano nel manico. Con le scuse più varie impediscono una presenza femminile all’interno delle giunte».
Per questo i toni della lettera recapitata alle amministrazioni comunali senza donne sono fermi, anche se cortesi: «Siamo pertanto gentilmente a chiedervi quali siano le motivazioni che vi hanno portato alla scelta di non coinvolgere alcuna donna nella vostra giunta comunale. Siamo, inoltre, disponibili ad un incontro per meglio chiarire e capire le varie situazioni». Adesso la palla passa ai comuni inadempienti.