Divise a scuola, gli studenti-giornalisti bocciano l’idea

I ragazzi del Prati in stage al “Trentino” scelgono la libertà di espressione. «Ma è buona l’idea del referendum»


Servizio a cura degli studenti del Prati


TRENTO. Divise sì o no? In questi giorni a Trento sta infuriando la polemica: da una parte l’omologazione, dall’altra la sensazione di appartenenza ad un gruppo, l’espressione della propria personalità contrapposta alla praticità dell’uniforme. Questi sono solo alcuni dei punti sui quali ci si sta confrontando. Un confronto che, soprattutto sui social media come Facebook, ha diviso i cittadini tra contrari e favorevoli all’adozione delle divise. Entrambe le parti hanno delle buone ragioni. Chi sostiene la proposta del consigliere Cia afferma che essa porterebbe gli studenti a utilizzare un abbigliamento pratico, stimolante lo spirito di coesione e di gruppo, una preziosa occasione per azzerare le disuguaglianze tra gli studenti ed eliminare i giudizi che passano attraverso le apparenze. Inoltre per sostenere ulteriormente la propria tesi ribadiscono che tale metodo è molto diffuso ed efficace in altri Paesi del mondo. Chi invece è contrario presenta argomentazioni della stessa importanza. Si spazia dalla possibile sensazione di disagio provocata dall’indossare qualcosa di scomodo e lontano dalla quotidianità alla sensazione di oppressione, dovuta alla mancata possibilità di esprimersi, passando per la ripresa di una visione che non si sposa con quella dei giorni nostri.

Ma ecco le opinioni dei singoli studenti (che hanno scritto questo articolo-forum al termine del loro stage scuola-lavoro nella redazione del giornale Trentino).

Eugenia Condemi Mottes: “La non obbligatorietà della legge è sicuramente indice di democraticità: ogni scuola ha la possibilità di decidere, in accordo tra utenza e dirigenza, se adottare o meno la divisa. Forse si potrebbe ritenere corretto un criterio che preveda per le scuole elementari il grembiule, più che la divisa, per un’esigenza di pura praticità. Con la maturazione dei ragazzi, nelle scuole medie, penso sia opportuno che si cominci a educare gli studenti ad un abbigliamento sicuramente consono all’ambiente, ma personale e autogestito.”

Eugenio Calzolari: “Credo sia giusto introdurre le divise a scuola e renderle obbligatorie fino alle elementari. In questo modo si creerebbe uniformità e uguaglianza in modo tale da abbattere ogni differenza socio-culturale. Alle scuole medie però lo studente deve iniziare a sviluppare un senso di maturità e responsabilità, con cui stabilire un pensiero proprio. Per questo motivo infatti non gli deve essere imposto come vestirsi.”

Matteo Mussari: “Personalmente credo che l’adozione di una divisa a scuola, per quanto riguarda gli istituti secondari di primo e secondo grado, sia sbagliata. In primis, infatti, ognuno è libero di vestirsi come meglio crede (sempre cercando di essere decorosi nel farlo). In secondo luogo, il costo di tali divise potrebbe essere problematico per alcune famiglie. Infine penso che il modo in cui ci vestiamo spesso indichi chi siamo, cosa proviamo, e quindi essere privati della libertà di scegliere i propri indumenti potrebbe rappresentare un ostacolo per l’espressione della nostra personalità”.

Mario Battiston: “Sono contrario all’introduzione delle divise a scuola perché ciascuno ha il diritto di indossare ciò che vuole. Ogni studente ha una sua propria personalità che si può trasmettere anche sul modo di vestire. Questo è bello perché, essendo ogni studente diverso, il mondo è più vario. L’unico punto a sfavore secondo me è solo il fatto che qualcuno potrebbe essere criticato, ma spetta agli alunni cercare di limitare i pregiudizi.”

Fabiana Di Felice: “Ritengo che l’introduzione delle divise sia anacronistico, considerato il fatto che la scuola non dovrebbe omologare ognuno di noi a un modello ideale, ma valorizzare l’individualità. La diversità, di vestirsi e di esprimersi, è qualcosa di naturale e assolutamente apprezzabile, che dovrebbe essere garantito. Lo spirito di appartenenza, d’altra parte, non si misura con giacche e cravatte, ma con ricordi ed esperienze che lasciano il segno. L’eredità della nostra esperienza scolastica non può e non deve essere un ritorno al passato.”

Mattia Sartori: “Secondo me le divise andrebbero introdotte. Non si tratta di "non accettare le diversità altrui", ma di adottare un sistema pratico che ha già dimostrato la sua efficacia in altri Paesi. Infatti in nazioni come l'Inghilterra gli studenti portano la divisa senza alcun disagio e con l'orgoglio e la consapevolezza di rappresentare il proprio Istituto. Questo metodo ha anche dei vantaggi pratici in quanto per esempio aiuta l'alunno a scegliere degli abiti consoni all'ambiente in cui si sta recando. Infine molti dicono che impedisca la libertà di espressione ma io credo che ci si possa esprimere in molti altri modi oltre che attraverso il proprio abbigliamento che sarà comunque sempre condizionato dall'ambiente in cui ci si trova.”

Sara Torresani: “A mio parere il provvedimento riguardante l’introduzione delle divise nelle scuole, se non in quelle primarie a scopo pratico, non è necessario. Ritengo, comunque, che la scelta di adottarle o meno, non dovrebbe spettare al singolo dirigente dei diversi istituti, come previsto dall’attuale legge, ma una stessa decisione dovrebbe essere presa all’unanimità. Al contrario, infatti, si ripresenterebbe l’attuale situazione di “disuguaglianza” che si sta cercando di eliminare, non più tra i singoli studenti, ma tra i vari istituti che potrebbero adottare scelte diverse.”

Federico Dossi: “La notizia delle divise mi ha sorpreso: non ho mai portato una divisa, nemmeno all’asilo dove non ci facevano indossare neanche i grembiulini. Sarebbe la prima volta, e sa davvero di un ritorno al passato.

Tanti hanno proclamato che tutti gli studenti del mondo portano la divisa: questa volta credo non ci sia alcun bisogno di mettersi al passo, possiamo essere orgogliosi della nostra diversità.

Per questo mi ha fatto davvero piacere la proposta della preside Pezzo: decidere insieme sia se fare e come fare queste divise. Mi sembra un buon punto da cui partire: decideremo assieme”.

Linda De Carli: “Quello della divisa è da tempo un tema molto dibattuto: chi si dichiara favorevole ribadisce che, nel caso in cui le divise approdassero nell’immaginario collettivo di “scuola”, si annullerebbero inevitabilmente le differenze sociali tra compagni, favorendo così una maggiore ufficialità attraverso la formalizzazione degli ambienti degli istituti. Al contrario, io mi considero di opinione opposta: penso che le uniformi non lascino spazio agli studenti di esprimersi e che al giorno d’oggi non ci sia l’esigenza di un conformismo scolastico. In un mondo in cui ogni giorno si combatte per la libertà di pensiero non capisco il motivo per cui le istituzioni abbiamo interesse nell’omologarci”.

Angelica Beccari: “Favorevole ad un simbolo d’appartenenza alla mia scuola, o alla libertà d’espressione della mia personalità? Il tema “divise” di questi giorni pone ogni studente trentino di fronte a questo bivio. Se lo scopo iniziale è quello di “azzerare le disuguaglianze sociali”, dall’altra il risultato finale potrebbe essere la mancanza di distinzione gli uni dagli altri. Ognuno sceglie uno stile adatto alla propria persona per sentirsi a suo agio con se stesso e con il mondo che lo circonda, e una divisa obbligatoria priverebbe tutti di questa libertà. L’introduzione di spille con stemmi diversi per ogni scuola e di norme più restrittive riguardo all’abbigliamento, sarebbero un compromesso possibile”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano