Diagnosi sbagliata, condannata l'Azienda sanitaria di Trento
I medici hanno diagnosticato con 4 anni di ritardo la sclerosi multipla di una quindicenne. Pagati 100 mila euro di danni
TRENTO. Si era sentita molto male e i medici dell’Azienda sanitaria di Trento le avevano diagnosticato un ictus cerebrale. Era il 2001 e solo nel 2005 si è scoperto che non si era trattato di un ictus cerebrale, ma di una forma molto aggressiva di sclerosi multipla. Questa è la tremenda storia di una ragazzina che all’epoca dei fatti aveva 15 anni e che ha fatto causa civile all’Azienda sanitaria ottenendo un risarcimento di 100 mila euro, somma che, del resto, era già stata offerta dalla stessa Azienda in via transattiva.
La sentenza è stata pronunciata dalla giudice Giuliana Segna che ha riconosciuto il danno derivante dalla diagnosi ritardata che avrebbe aggravato i sintomi della malattia che, comunque, si sarebbe manifestata ugualmente. I familiari chiedevano un risarcimento molto maggiore, ma il giudice ha ritenuto di liquidare soltanto l’indennità di invalidità giornaliera facendo riferimento ai parametri di liquidazione predisposti dal Tribunale di Milano che stabilisce un rimborso che va da 96 a 145 euro al giorno. In questo caso, considerata l’età della paziente e la gravità della malattia, è stata applicata l’indennità massima.
I genitori della ragazzina hanno citato in giudizio l’ Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari asserendo che nel luglio 2001 la ragazza, all’epoca quindicenne, era stata presa in cura dall’Azienda sanitaria in seguito al manifestarsi di preoccupanti sintomi e che in quella sede era stata effettuata una diagnosi di ictus cerebrale.Hanno precisato che solo nel marzo 2005 era stata formulata la diagnosi corretta di sclerosi multipla, ma che, nel frattempo, le condizioni della minore erano notevolmente peggiorate, portandola ad uno stato di totale invalidità.
Il perito nominato dal giudice In particolare il perito ha ritenuto «non del tutto adeguato il comportamento adottato dai sanitari che nel 2001 diagnosticarono una “lesione cerebrale ischemica” senza porsi il dubbio di una possibile differente diagnosi, che dal 2001 non prescrissero alcun monitoraggio clinico e/o strumentale per meglio precisare la diagnosi e che dal giugno 2004 al marzo 2005 temporeggiarono eccessivamente nell’esecuzione delle varie indagini; tale comportamento ha determinato, almeno in via di elevata probabilità, un ritardo nel diagnosticare la sclerosi. L’Azienda ha offerto un risarcimento prima di 75 mila e poi di 100 mila euro. I genitori non hanno accettato l’offerta. Ma alla fine la giudice ha ritenuto che la somma fosse adeguata dal momento che il ritardo nella diagnosi non ha comunque avuto un ruolo nell’insorgere della malattia, ma solo semmai, ne ha provocato l’aggravamento.(u.c.)