Dellai: «Un partito nuovo per i popolari»
Il capogruppo alla Camera del gruppo “Per l’Italia”: «Attendiamo l’Udc. Ma sia chiaro: con paletti invalicabili a destra»
TRENTO. Forse non sarà una nuova primavera, come dice Tarolli, ma di sicuro c’è fermento nel cantiere dell’area popolare. C’è chi ancora spera in un grande asse Alfano-Casini-Mauro, ma l’irruzione del patto Renzi-Berlusconi sulla riforma elettorale ha infranto i sogni. Alfano s’è riavvicinato a Silvio, Casini sta un po’ a guardare. Chi è certo di voler costruire un soggetto politico di area popolare - “che non è sinistra, ma ha dei confini invalicabili a destra” - è Lorenzo Dellai. E con lui c’è Mario Mauro, il ministro. E c’è Andrea Olivero. Il soggetto politico è nato, si tratta dei Popolari «Per l’Italia», che non sono più soltanto una presenza in parlamento (Dellai capogruppo alla camera, Lucio Romano capogruppo al Senato), ma sono già un’associazione politica.
Dellai, quindi nasce un nuovo partito dei popolari?
«Noi ora siamo già un soggetto politico che vuole avviare un percorso verso una “cosa” più importante e larga».
Qual è la vostra idea di popolarismo?
«Deve essere chiaro che non è tutto ciò che non è sinistra: è ricostruire una cultura che il berlusconismo ha distrutto in questi vent’anni mettendo in soffitta tutte le culture politiche. Oggi la tendenza a polarizzare, come fa Renzi, rende più difficile il compito di costruire quest’area, ma deve essere chiaro che deve trattarsi di un’area che abbia un confine a destra invalicabile».
Quindi l’italicum non vi piace.
«Questa riforma, così com’è abbozzata ora, porta al bipartitismo, e ciò ci mette in difficoltà, non c’è dubbio. Renzi, peraltro, non si rende conto che con questa legge vincerà la destra: quando si va alla conta secca se la destra ha qualche persona credibile vince. Quello su cui insisto, però, è che non ci interessa mettere insieme tutti quelli che non sono sinistra. Il nostro riferimento è il popolarismo».
Chissà perché ogni volta che si pensa al popolarismo viene in mente la nostalgia della Dc...
«Io parlo di un popolarismo non nostalgico, non ideologico e non crepuscolare. Deve essere la riorganizzazione di una cultura che ritrovi spazio per il pluralismo, l’autonomismo, la sussidiarietà».
Chi c’è con lei?
«Andrea Olivero, Mario Mauro, il gruppo di amici che fa riferimento ad Andrea Riccardi. Speriamo che anche l’Udc guardi verso una “cosa” nuova. Ma siamo in contatto con tante realtà associative».
Come dovrà essere il partito che avete in mente?
«Avrà una forma e un’organizzazione nuova, sarà un soggetto federativo».
Si potranno federare partiti locali, territoriali?
«Esatto. Anche il nostro Upt, se lo vorrà, potrà aderire mantenendo la propria indipendenza. Perché non sarà un partito centralista, ma federativo e territoriale».
Ora siete già un’associazione politica. Ma un’associazione politica è già un partito.
«Sì. Infatti noi, con pudore, parliamo di associazione perché non vogliamo essere l’ennesimo partitino, ma un comitato promotore del partito di area popolare che verrà».
Ma alle europee sarete già presenti?
«Sicuramente sì. E sarà un appuntamento importante perché saremo tra i pochi a parlare di Europa in modo convinto».
Insieme all’Udc?
«Credo di sì. Ma la cosa più importante è dar vita assieme all’Udc, se lo vorrà, a un nuovo soggetto politico, subito dopo le europee. Un soggetto che non è la solita “casa dei moderati”».
Casini su questo ha le idee chiare?
«Se Casini vuole camminare assieme a noi spero abbia già le idee chiare, altrimenti è meglio che se le chiarisca».
Torniamo all’italicum. Non lo digerite.
«Noi siamo su una visione coalizionale e non bipartitica. Ma ora abbiamo accettato di confrontarci sull’ipotesi Renzi-Berlusconi. Peccato che questo abbia ridato centralità a Berlusconi».
Tutta colpa di Renzi?
«No, non è tutta colpa sua. Noi siamo molto attenti alla ventata riformista di Renzi. Però Renzi poteva aprire un confronto con Alfano e non l’ha fatto. In pratica s’è scelto l’avversario: ha preferito Berlusconi ad Alfano. Speriamo abbia fatto bene i conti».
Cosa volete cambiare nella legge?
«Portare dal 35 al 40 per cento la soglia per il premio di maggioranza, vogliamo le preferenze e le soglie di ingresso - sia dentro una coalizione che fuori - sono irragionevolmente alte».
Riuscirete a far cambiare qualcosa?
«Ci crediamo con tutte le nostre forze».