Dellai a Roma, candidatura in salita
La proposta di nuova legge elettorale estende l’ineleggibilità ai governatori: dovrebbe lasciare la carica entro gennaio
TRENTO. L’ineleggibilità al Parlamento estesa anche ai componenti delle giunte regionali, presidenti compresi, per i quali l’attuale legge elettorale parla invece solo di incompatibilità. Detta così, sembrerebbe un ritocco di poco conto. Ma il testo licenziato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato rischia di avere conseguenze non di poco conto sugli equilibri politici locali. In ballo c’è infatti il futuro del presidente della Provincia Lorenzo Dellai: la cui carica, in quanto assimilabile a quelle dei governatori regionali, non soggiace agli obblighi del Testo unico delle leggi elettorali del 1957, che già per i presidenti delle Province parla di ineleggibilità. Determinando così l’obbligo di dimettersi dalla carica 180 giorni prima della data delle politiche. Termine che è scaduto pochi giorni fa: e infatti numerosi sono stati i casi di presidenti di Province (Asti, Biella, Napoli) che hanno lasciato la carica. Ma quella di Trento, come detto, è di fatto una Regione: non a caso Dellai fa parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, le cui sedute, tra Legge di stabilità e costi della politica, in questi giorni lo hanno visto spesso a Roma. Per i governatori l’attuale legge prevede invece appunto l’incompatibilità: nessun obbligo insomma di dimettersi per candidarsi, ma semplicemente quello di scegliere una sola tra le due cariche in caso di elezione.
Per Dellai, è noto, l’attuale legislatura provinciale sarà l’ultima come presidente: così prevede la legge elettorale provinciale, che limita a due il numero massimo di mandati consecutivi alla guida di Piazza Dante. Per Dellai in realtà l’attuale sarebbe già il terzo, ma il primo (1998-2003) era iniziato quando la legge in questione ancora non esisteva. Per questo ormai da tempo per il governatore si pronostica un futuro a Roma. E proprio in questo senso viene letta la sua recente visibilità televisiva nazionale (La7, Sky...), invitato per dire la sua sul governo Monti o sulle manovre centriste di Montezemolo. Una sua candidatura non sarebbe ostacolata dal “porcellum”, anche se logiche di opportunità politica vorrebbero sue dimissioni dalla presidenza della Provincia contestuali alla discesa in campo per Roma, e non solo successive all’eventuale elezioni, come pure potrebbe. Ed è probabile che lo stesso Dellai ci abbia pensato: correre per il Parlamento dalla posizione di presidente della Provincia presterebbe il fianco a polemiche di ogni genere. Ma potrebbe farlo semplicemente all’atto della presentazione delle liste, un mese prima del voto. La riforma della legge elettorale, se alla fine conterrà l’estensione dell’ineleggibilità ai governatori, cambierebbe però le carte in tavola. E costringerebbe un Dellai voglioso di tentare l’avventura romana a dimettersi entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore. Quindi al più tardi entro gennaio. Il che non comporterebbe comunque la fine anticipata del Consiglio provinciale: in caso di dimissioni nell’ultimo anno della legislatura, infatti, la stessa legge elettorale trentina prevede la “sopravvivenza” dell’assemblea e la sostituzione del presidente con il vice (oltre alla surroga del suo seggio in Consiglio, che verrebbe assegnato alla lista della sua coalizione con il resto elettorale più alto).
L’iter è ancora lungo: la proposta, frutto di un accordo tra Pdl, Lega Nord e Udc, deve ora approdare all’esame dell’aula, e prima di arrivarci gli emendamenti pioveranno numerosi. Ma i tempi stretti (all’inizio di aprile 2013 si vota) e lo sprone continuo del presidente Napolitano fanno prevedere che, una volta formulato il testo definitivo, le modifiche non saranno molte. E soprattutto che, per il successivo passaggio alla Camera, si tratterà di un testo blindato, per evitare un doppio passaggio parlamentare in entrambe le Camere. Tutto questo potrebbe costringere Dellai a dimissioni “al buio”, cioè prima che il quadro politico sia del tutto chiaro. La domanda è quella di sempre: se correrà, per quale partito lo farà? Una prospettiva che il senatore leghista Sergio Divina, membro della Commissione Affari costituzionali che ha approvato il testo, commenta con ironia: «Finora Dellai non si è mai voluto assoggettare a regie di partito, i partiti li ha sempre creati lui per poi scioglierli: un’anomalia forse destinata a finire, rendendo il panorama finalmente più chiaro».
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