Dagli zoccoli ai mocassini la scarpa racconta l’uomo
Aperta a Ziano la mostra “Camminamente” che propone al visitatore di intuire dalle sole calzature storie, passioni e tragedie di chi le ha portate
ZIANO DI FIEMME. Sono esposte quasi solo scarpe, ma non è una mostra sulle scarpe. É l’estrema sintesi della lunga e articolata presentazione con cui il giornalista Antonio Gregolin ha presentato l’altro ieri sulla terrazza del Tabià del Moco a Ziano di Fiemme, la mostra “Camminamente”, che nel sottotitolo, accanto alle calzature più o meno vissute, e comunque esposte con cura nel salone sottovetro, parla di storie, strade, pellegrini e camminatori.
Alcuni di questi, il curatore della mostra li ha portati con sé per l’occasione. Come Maurizio Zanolla “Manolo” che per questa esposizione ha donato solo una scarpa per camminare in verticale e una per l’orizzontale. Scarpe importanti, le uniche che ha conservato, “per questo ne ho tenuta una”, ha precisato il freeclimber primierotto. “Da ragazzino correvo anche a piedi scalzi, ora apprezzo di più il sentiero, perché il cammino è riflessione”. Come il vicentino Tom Perry, al secolo Antonio Peretti, l’unico fra i presenti a non indossarle, le scarpe, perché preferisce scendere dai vulcani, o salire sul Cervino, così pare, a piedi nudi.
O Nadia Gonella la “pellegrina ambientale” o l’over 65 Giovanni Bruttomesso che a dispetto del nome macina migliaia di chilometri, prima perché glielo ha detto il medico, e poi perché non può farne a meno. Solo una testimonianza, un breve assaggio delle tante storie racchiuse in quelle scarpe, “quasi un diaframma – come ha detto Gregolin - ad interrompere quel filo rosso che ci lega alla terra: i piedi”.
Storie anche più importanti come quelle dei mocassini dei nativi americani “in cui bisogna starci 3 lune” prima di giudicare, gli scarponi di un soldato della Grande guerra rinvenuti sull’Adamello, o le scarpe di Fabio Ognibene, ideatore della mostra, con cui ha percorso nel ’98 la stessa strada degli alpini italiani a Nikolajewka, gli zoccoli di un deportato in un campo di concentramento che lo hanno salvato da morte sicura, quelle dei migranti scomparsi in mare al largo di Lampedusa, le scarpe di chi fuggiva dai cecchini di Sarajevo nel 92-95, quelle di Carla Perrotti che hanno attraversato i deserti, i sandali dei monaci, e altro ancora, tra cui le orme dei piedi del camminatore scalzo.
Una cinquantina le calzature esposte, accanto a pannelli, illustrazioni, didascalie che raccontano altrettante storie. Non mancano i bastoni del pellegrino, un “teepee” indiano che copre una TV dove scorrono le immagini e le storie dei camminatori. Il tutto con un allestimento originale su pallet forniti dalla segheria Varesco.
Il maggiore sostenitore, siamo a Ziano, non poteva essere che La Sportiva, presente con Lorenzo Delladio. Gli onori di casa li ha fatti l’assessora Susanna Sieff, mentre il giovane maestro Alessandro Ceccato ha intrattenuto i presenti con la gaita galiziana (sulle orme di Santiago) e la cornamusa scozzese. La mostra, che richiede gli si dedichi del tempo per essere “letta” in tutti i suoi aspetti, resterà aperta fino al 4 settembre dalle 16 alle 19.