«Corsi di italiano per i profughi, il volontariato non basta»
Trento. «Quando gli albergatori ci chiamano chiedendo di attivare corsi perché non trovano lavoratori che parlino italiano per coprire le attività stagionali, ci risulta evidente che questa povertà...
Trento. «Quando gli albergatori ci chiamano chiedendo di attivare corsi perché non trovano lavoratori che parlino italiano per coprire le attività stagionali, ci risulta evidente che questa povertà imposta “per legge” è cieca e sorda soprattutto verso il futuro prossimo. Quando l’Agenzia del lavoro indirizza alla nostra rete le persone in cerca di lavoro, perché arrivino al livello di lingua minimo richiesto per i corsi professionalizzanti, ci chiediamo come sia possibile che ciò che è istituzionalizzato debba ricorrere al volontariato per sopravvivere». È un appello a più voci quello rivolto alla giunta provinciale dalla Rete Italiano a Trento (Associazione A.M.A., Amici Senzatetto, Associazione Demo, Oratorio di Sant’Antonio, Atas, Centro Astalli, Circolo Culturale L'Allergia, Cnca Trentino, Gruppo Volontari 2011 Italiano Per Tutti, Il Gioco degli Specchi, Liberalaparola, Penny Wirton, Scuola di Preparazione Sociale Sps, Volontari Residenza Fersina): «Nel 2019, come da diversi anni, persone volontarie hanno continuato ad offrire più di 20 ore di insegnamento della lingua italiana a persone migranti, ogni settimana. Circa 900 ore di formazione, a cui vanno aggiunte attività di programmazione, coordinamento, conversazioni, progetti. Nella Rete Italiano a Trento i volontari si sono coordinati per promuovere la conoscenza della lingua in almeno 10 diversi luoghi della città, in orari differenziati, dal lunedì al sabato, offrendo ogni settimana a oltre cento migranti un’opportunità di migliorare le proprie competenze. Sono uomini e donne, richiedenti asilo, lavoratori, senza dimora, stagionali, persone in cerca di lavoro. Persone che vivono a Trento, accanto a noi, in città o nei primi dintorni. Cosa possiamo dire oggi? Che la rete funziona e va tutto bene? No! Non va affatto bene. Perché noi non bastiamo. La scelta di tagliare i fondi per i corsi di italiano e di mortificare le competenze affinate nel tempo per l'insegnamento della lingua e dell’accoglienza riduce la coesione sociale e promuove la povertà». «Al Comune, che si è mostrato sensibile e in parte ci ha supportato, ribadiamo che servono con urgenza spazi e sostegno convinto. Alla Giunta provinciale chiediamo il ripristino e una riprogettazione dell’offerta di corsi di italiano all’interno del sistema dell’accoglienza».